Birra “made in Trieste”, la passione si fa mestiere

Quattro i mini-stabilimenti attivi, i nomi dei prodotti si ispirano anche alla Bora. E c’è chi per amore della “bionda” ha lasciato la vecchia professione di designer

«Conoscere i luoghi vicini o lontani non vale la pena, non è che teoria; saper dove meglio si spini la birra è pratica vera, è geografia».

Così diceva Goethe. È allora d’obbligo tracciare la geografia della birra a Trieste, città che con la bevanda alcolica più antica al mondo, è risaputo, vanta un legame amoroso a dir poco straordinario.

Ma attenzione, parliamo di birra artigianale: bionda o scura prodotta in casa, naturale, frutto dell’appassionato lavoro di veri mastri birrai. Anche in casa nostra ha preso piede il fenomeno della localizzazione della produzione birraria: così nel comune di Sgonico troviamo la birra Cittavecchia; a Muggia la birra Campagnolo; beviamo birra Tazebao nel rione di Ponziana; mentre a San Dorligo della Valle c’è la birra casereccia dell’azienda agricola Zobec.

Sono dunque quattro i micro-birrifici locali. Vere e proprie fabbriche in miniatura di “pane liquido”, come i produttori chiamano la loro creatura: la birra infatti, preparata miscelando malto di orzo o altri cereali, acqua, lievito e luppolo, può essere definita a pieno diritto una bevanda-alimento (se assunta con moderazione, naturalmente!).

Ma come nasce il fenomeno locale della produzione birraria? Per tutti, da una passione incontenibile sapientemente trasformata in mestiere. «Durante un viaggio illuminante in Danimarca abbiamo visitato una fabbrica storica di birra che ci ha fatto innamorare dei metodi di produzione di questa bevanda. Una volta rientrati, abbiamo progettato e costruito la fabbrica e dopo pochissimi mesi abbiamo gustato la nostra prima birra fatta in casa», raccontano i fratelli Campagnolo, Angelo e Michele, che insieme alle rispettive mogli hanno aperto nel 2006 un’attività birraria a conduzione familiare che ora distribuisce circa 15 mila bottiglie l’anno, tra spaccio in loco e piccole esportazioni. Una produzione tipica nel sapore e anche nella scelta dei nomi: «Per la denominazione ci siamo ispirati al famoso vento che contraddistingue la città di Trieste. Nascono così la Bora Ciara (weizen), il Borin (pils), la Bora scura (speciale rossa Monaco) e il Neverin (ale doppio malto), insieme ad altre tre qualità prodotte in precisi periodi dell’anno».

È una passione travolgente anche quella di Michele Barro, produttore del marchio Cittavecchia, che dalla professione di designer passa alla birra e nel 1999 avvia un’attività artigianale con tecniche tradizionali ma su piccola scala. Conosciutissima in città e anche all’estero, la Cittavecchia offre oggi cinque diverse varietà tra chiara, rossa, weizen e nera doppio malto, oltre alla “San Nicolò”, ambrata prodotta solo nel periodo natalizio e caratterizzata dall’uso di spezie. Parliamo di circa 800 ettolitri l’anno, venduti sia a livello locale che in diverse città d’Italia, ma anche a Parigi e in Australia.

Fernando Miele è invece il mastro birraio del centro città. «È stata la passione per la lavorazione del lievito che mi ha spinto a provare a preparare la birra in casa», racconta. Miele è proprietario, insieme alla moglie, della pizzeria Tazebao di via Lorenzetti, lavora il pane e la pasta della pizza da una vita e dal 2006 ha intrapreso l’attività birraria. Nel laboratorio, di sua creazione, due enormi serbatoi sono deputati all’ammostamento (la disgregazione delle proteine del malto d’orzo in acqua calda) e alla bollitura insieme al luppolo. Il prodotto passa poi in un ultimo grande tino dove rimane alcuni mesi a fermentare insieme al lievito. Qui avverrà la trasformazione degli zuccheri in anidride carbonica, così da rendere la bevanda alcolica e frizzante come la conosciamo. Dai tini usciranno cinque qualità di birra, tutte ad alta fermentazione: rossa, chiara, weizen, ambrata e “zero”, l’analcolica. «Il mio lievito nasce qui, a partire dalla scomposizione e gemmazione della cellula, è naturale e senza zuccheri aggiunti», spiega mostrando il suo minilaboratorio degno di un chimico o di un biologo.

L’azienda agricola Zobec di Val Rosandra, già specializzata nell’allevamento di salmoni, nel 2005 ha intrapreso la produzione birraria con le proprie coltivazioni di orzo. Nell’impianto artigianale di Zobec vengono preparate sia la versione chiara che quella scura della ricetta. Cosa si può chiedere di meglio se non una serata trascorsa nella frescura della valle, pasteggiando a piatti a base di salmone affiancati da qualche boccale di birra di produzione casalinga?

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