«Bivaccare significa stare sdraiati, non seduti»

Il capo dei vigili Abbate sulle critiche dopo le ultime multe: «Offensive le accuse di discriminazione»
«Bivaccare vuol dire stendersi a terra, vuol dire dormire, ovvero togliere quello spazio al resto della cittadinanza». Stare seduti non è bivaccare. Il comandante della Polizia locale di Trieste Sergio Abbate spiega il senso del “bivaccare” rispondendo alla nota di Maria Luisa Paglia del Pd («Le deroghe non sono uguali per tutti») che denunciava pesi e misure diverse adottate dai vigili nell’applicazione dei regolamenti a partire dalla multa affibbiata a due profughi per bivacco sul sagrato di Sant’Antonio Nuovo.


«È necessario non far confusione tra norme diverse, infatti: il regolamento di Polizia urbana e il regolamento per la convivenza tra le funzioni residenziali e le attività di esercizio pubblico e svago nelle aree private, pubbliche e demaniali (il cosiddetto “regolamento movida”) sono due regolamenti diversi. Il regolamento di Polizia urbana non prevede deroghe, il “regolamento movida” invece ne prevede».


Il comandante racconta poi come l'intervento del 19 agosto «sia scaturito dalla segnalazione di un cittadino che ha segnalato 4 persone, alcune sedute e alcune sdraiate sotto i portici della chiesa di Sant'Antonio». Di qui il controllo. «Tutti sono stati identificati - spiega Abbate - ma solo i due sdraiati venivano anche sanzionati in base all’articolo 9 del regolamento di Polizia urbana (“è vietato sdraiarsi a terra o bivaccare nelle strade, nelle piazze, sui marciapiedi, sotto i portici, nei pressi degli edifici di valore storico e monumentale...”) che prevede una sanzione di 100 euro. Dello stesso gruppo faceva parte anche una terza persona che era seduta e non sdraiata e per questo non è stata sanzionata come non sono state sanzionate le altre persone sedute».


Tutto regolare, insomma. «Quindi - conclude Abbate - nessuna discriminazione e nessun trattamento diverso bensì situazioni diverse e applicazione imparziale delle norme da parte della Polizia locale. È particolarmente offensivo per noi che qualcuno possa pensare o anche solo sospettare che il nostro operato venga influenzato in qualche modo dalla nazionalità o dal colore della pelle quando in realtà applichiamo, in modo assolutamente imparziale le norme. I nostri agenti di Polizia locale operano con grande professionalità e abnegazione e non meritano queste accuse diffamanti di “parzialità” e “discriminazione”».


(fa.do.)


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