Borsellino: «Solo poche vittime della mafia hanno ottenuto giustizia»

“La mafia uccide, ma lo fa anche il silenzio”. Pasquale Borsellino guarda negli occhi i ragazzi e le ragazze delle superiori di Monfalcone e Staranzano che ieri mattina si sono ritrovati nel teatro Comunale per un’iniziativa promossa dall’amministrazione comunale, riprendendo il discorso avviato il 21 marzo al Kinemax il giorno dopo l’anniversario della strage di Capaci. È uno psicologo Pasquale Borsellino, direttore dell’Unità operativa Infanzia adolescenza famiglia del distretto di Castelfranco Veneto e Montebelluna dell’Ulss 2, ma è anche parente di vittime di mafia. Nessuna parentela con il giudice palermitano, ma un destino condiviso con i suoi famigliari e quelli degli uomini della scorta uccisi nel luglio del 1992. Il fratello Paolo, piccolo imprenditore di Lucca Sicula, fu ucciso nell’aprile del 1992, tre mesi prima del magistrato suo omonimo, e il padre Giuseppe, deciso a ottenere verità e giustizia per la morte del figlio, nel dicembre dello stesso anno. «Perché si parla, però, solo di Falcone e Borsellino e non anche di Rita Atria o di Boris Giuliano, perché non si parla degli altri morti per mano della mafia?», ha chiesto alla fine dell’incontro una studentessa. «Hai ragione – ha risposto Pasquale Borsellino – ed è quello che di solito fa Libera, cioè elencare tutti i nomi, perché non se ne perda la memoria e perché l’80% delle vittime di mafia a oggi non ha ottenuto giustizia. Però la scuola è importante e nella tua scuola potresti farti promotrice di iniziative per prendersi cura della memoria. Con Libera, che da tempo apre dei presìdi nelle scuole per ricordare e agire, o con altre associazioni». In un territorio che si è scoperto non indenne dalle infiltrazioni della criminalità organizzata, come ha confermato ieri agli studenti il colonnello Giacomo Moroso, capo della Dia del Friuli Venezia Giulia, Pasquale Borsellino ha proposto ai giovani un forte richiamo all’impegno individuale. «Mio fratello e mio padre hanno avuto paura, io ne ho avuta molta, Falcone e Borsellino anche – ha detto ai ragazzi al Comunale –. Se, però, non siamo coerenti con noi stessi, se non facciamo ciò che riteniamo giusto, allora moriamo poco alla volta, ogni giorno». Riconoscere la mafia o le altre organizzazioni criminali è, comunque, diventato più complicato, perché la “zona grigia” di intreccio con il mondo degli affari, dell’economia e della politica si è ampliata. «La regola di Giovanni Falcone, quella di seguire i soldi per trovare la mafia, è sempre più valida», ha sottolineato Pasquale Borsellino, parlando anche del settore sanitario e delle infiltrazioni subite dallo stesso nelle regioni del Nord Italia. «L’attività che ci interessa di più nel Nord Est è il riciclaggio di denaro», ha confermato il capo della Dia, spiegando come «da 2-3 anni si riesce a riconoscere anche in queste zone del Paese una struttura criminale, anche se un controllo del territorio non c’è». «Qui non c’è un problema di omertà, il tessuto sociale è sano – ha aggiunto –, ma le infiltrazioni nell’economia non sono mancate». A coordinare l’incontro ieri Gabriele Bergantini, che, delegato del sindaco per le attività giovanili, l’ha promosso con l’amministrazione, e il manager e facilitatore Paolo Tonutti. –
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