Braccio di ferro in Soprintendenza sul futuro dei colibrì di Miramare

Il direttore regionale Martines ha già fatto redigere il progetto per il restauro delle serre nuove Ma Caburlotto: «Spreco di soldi, non siamo qui per gli animali». In ballo i 600mila euro della Regione

di Gabriella Ziani

Mentre un grave sconcerto si aggira mestamente attorno alle serre di Miramare dove cinque colibrì sono morti a causa del calore e del fumo velenoso provocati dall’incendio che ha distrutto ampia parte della struttura risalente a Massimiliano d’Asburgo, un’altra incerta prospettiva si apre sull’intricatissima questione.

Per i 15 uccellini superstiti dei 20 (sugli 80 complessivi) che sarebbero dovuti restare a Trieste, e in seguito a intese veramente complesse tra Stato, Regione, Soprintendenza, Prefettura e Museo del porto traslocare un giorno nelle «serre nuove» restaurate, destinate a diventare un Centro di riproduzione, si apre una grande incognita.

Il restauro delle serre nuove, che da tempo avrebbero dovuto sostituire quelle «storiche» occupate abusivamente e fuori norma di sicurezza, è previsto che sia finanziato con 600 mila euro dalla Regione. La Soprintendenza ha già un progetto, redatto dall’architetto Maurizio Anselmi su indicazione del direttore regionale, Giangiacomo Martines. Solo quando il progetto avrà superato il vaglio dei soprintendenti (ai Beni artistici per la competenza sul parco di Miramare, e ai Beni architettonici nel merito) potrà essere inviato in Regione per l’approvazione e la definitiva assegnazione dei fondi.

Ma mentre gli uffici regionali si dibattono in mille incertezze visto il prolungarsi delle contorte riunioni in Prefettura, il soprintendente ai Beni artistici, Luca Caburlotto, adesso precisa in via ufficiale che quel benestare non lo darà mai. Martines gli ha inviato il progetto, ma quel progetto non arriverà in Regione, il braccio di ferro all’interno di palazzo Economo è al massimo. Salterà l’accordo col ministero, salterà il finanziamento?

«L’avevo già anticipato, io non darò la mia autorizzazione - spiega Caburlotto, già in rotta di collisione sul Centro di colibrì cui ha ordinato più volte sfratti esecutivi attraverso la magistratura -, perché non è nella missione del ministero dei Beni culturali allevare colibrì, la mia Soprintendenza non è interessata a questo progetto, non è questo il luogo, non è questo il ministero deputato».

Inoltre sotto contestazione è anche l’accordo con la Fondazione per il museo del porto che è stata individuata come ente gestore. «Io non so niente di questa convenzione - prosegue il soprintendente che rivendica il proprio ruolo istituzionale a fronte dei compiti che spettano alla Direzione dei Beni culturali -, se si tratta come pare di una concessione degli spazi per tre anni, a quale costo? Non posso dare spazi gratis perché rischio il danno erariale, peraltro nessuno mi ha chiesto quale sarebbe il canone».

A maggior peso della decisione, Caburlotto cita «i quattro gatti che stanno nel mio ufficio - dice -, che non sarebbero in grado di accollarsi anche i controlli amministrativi e contabili su questo centro: il mio ufficio non può permetterselo». Dopo aver già detto che non avrebbe avallato «uno spreco di 600 mila euro per un centro colibrì di questi tempi» il soprintendente conclude: «Vero, se non dò il benestare per fare le serre nuove si perde il finanziamento regionale. Il paradosso è che lo si perde “per rispetto delle leggi”».

Questo era stato l’ultimo “escamotage”, invocato anche da Margherita Hack che si è messa al servizio del fallito centro di Stefano Rimoli: dopo così consistenti vendite di preziosi animaletti per sanare i debiti verso lo Stato (colibrì ormai destinati quasi tutti a servire purtroppo come zoo), 20 esemplari capaci di riprodursi in cattività sarebbero rimasti a Trieste «in nome del risultato scientifico». Cinque, mentre gli uomini discutevano di affari, sono morti. E per gli altri il destino è tutto da vedere.

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