Brotto, il panificio errabondo tra Sant’Andrea e Campagnuzza

Appreso il mestiere da Azzano a Lucinico, verso la fine degli anni Cinquanta arriva a Sant’Andrea Ottorino Brotto (1931-2006), che apre il suo primo panificio in affitto nel fabbricato di Francesco Marusic e poi del figlio Daniele Marussi. L’indirizzo, via del San Michele 77, era strategico perché incastonato in quella che era allora una sorta di piccola zona commerciale. A fianco c’era infatti l’osteria di Luigi Lavrenčič, attuale bar Un Attimo, chiamata anche “dalla Bionda” che nel cortile ospitava una avviata falegnameria e più avanti sullo stesso lato della strada, il negozio di verdure Medeot, seguito da quello di alimentari del Tita, gerarca fascista durante il Ventennio, poi, ancora, il magazzino della Radenska all’ingrosso dei Nanut, dove oggi c’è il falegname Skegge. Sull’altro lato una drogheria e, in un fabbricato demolito per un accesso poi murato alla Cooperativa Arcobaleno, un barbiere.
Il negozio parte alla grande, con la facciata rivestita da quel travertino ancora in voga malgrado la caduta del fascismo e sul retro i grandi forni panificatori e le docce del personale, usate anche dai ragazzini dell’intorno spesso senza ancora bagno in casa. Sul bancone c’era la Lice, senza la A davanti, con il telefono della panetteria che funzionava un po’ per tutto il vicinato, data l’inesistenza di linee private. Ogni tanto il carico di farina su un camion a rimorchio ingombrava la strada, prendendosi la mattina per lo scarico dei sacchi dai panettieri imbiancati, tra i quali Franco Brotto, che nel giro del pane portava anche a scuola chi scrive al San Luigi.
All’inizio degli anni Settanta, Ottorino decide di spostarsi in un edificio di proprietà, costruendo a tale scopo uno stabile in via Abetti, con il nuovo panificio al piano terra e appartamenti ai piani sovrastanti, nel tempo poi ceduti. Disgraziatamente, tra i primi acquirenti uno non sopporta l’attività del laboratorio, che opera necessariamente la notte affinché il pane sia pronto al mattino presto. Inizia così un contenzioso estenuante, che costringe Brotto a spostare nuovamente l’attività, ancora sulla via San Michele ma di fronte al nuovo campo di calcio, inaugurato nel 1972 con Aldo Paolo Tacchini presidente della Pro Gorizia. Quel Tacchini che, attraverso la Società Anonima Immobiliare e Industriale Lodigiana, era proprietario di quel vecchio stabile a fianco della scalinata poi intitolata al pugile Sebastiano Sotgia, nel quale esercitava la sua attività di conceria la quale, ancorché dismessa da anni, ne aveva impregnato le murature con un odore che si percepiva a distanza. Nella constatazione che il Piano regolatore destinava la zona a verde urbano ma confidando che l’attuazione di un parco fosse lì verosimilmente impensabile, nel 1985 Ottorino acquista lo stabile fatiscente e, per la conoscenza personale con Franco Brotto detto il “Pek”, ne incarica al suo recupero il geometra Gianni Colautti il quale, costretto a mantenere la struttura in pianta che non poteva essere ampliata sulla zona destinata a verde, ne ingentilisce le facciate, realizzando sulla copertura quella serie di camini essenziali per i forni panificatori che si vedono nella fotografia, ispirati quasi all’avvincente forma antropomorfa di tanti camini di Anton Gaudì.
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