Caos Kosovo, Vučić attacca: «Scioccato dall’inerzia dell’Ue»

Il Kosovo è oramai una pentola a pressione che potrebbe esplodere in qualsiasi momento. Belgrado e Pristina non hanno intenzione di tirarsi indietro. L’Esercito serbo è in allarme e anche l’aviazione ha dato segni di prontezza operativa con un sorvolo su Novi Pazar. Nel frattempo la diplomazia tace. Ed è un silenzio molto rumoroso soprattutto quello dell’Unione europea dopo l’assalto delle forze speciali di polizia kosovare nel Nord del Kosovo.
Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha duramente criticato Bruxelles per il suo silenzio e la sua mancata reazione alle prese di posizione della dirigenza di Pristina, che rinnega apertamente gli accordi sottoscritti con Belgrado, accordi di cui la stessa Ue è garante. Vučić si è detto «scioccato» per il fatto che Bruxelles non abbia in alcun modo reagito a quanto affermato dal presidente kosovaro Hashim Thaci, secondo il quale Pristina non intende consentire la creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo, tra i punti qualificanti dell'accordo firmato a Bruxelles nel 2013. Thaci aveva detto che Pristina non intende consentire la creazione di una Comunità delle municipalità serbe perché significherebbe l'instaurazione di una nuova Republika Srpska in Kosovo. Republika Srpska che, lo ricordiamo, a maggioranza di popolazione serba, è una delle due entità che (in base agli accordi di Dayton che nel 1995 posero fine alla guerra) compongono la Bosnia-Erzegovina.
Dopo Vučić, anche il ministro della Difesa Aleksandar Vulin ha attaccato duramente la Ue, che a suo avviso dà prova di scarsa autorità e serietà. Riferendosi a quanto detto da Thaci sulle Comunità delle municipalità serbe in Kosovo, Vulin ha affermato che ciò equivale a mettere una pietra tombale sul negoziato. «Con le sue affermazioni Thaci ha ucciso il dialogo», ha detto Vulin. Per Thaci, ha osservato, non vale più alcun accordo, e questa «è una brutta notizia per la Ue». La polemica con la Ue, a Belgrado, va di pari passo con le critiche alla Kfor, la Forza Nato in Kosovo, che secondo la dirigenza serba non avrebbe una posizione imparziale e non avrebbe informato adeguatamente Belgrado sull'operazione di martedì scorso delle forze speciali della polizia di Pristina nel nord del Kosovo a maggioranza serba. La Serbia continua a mettere in dubbio la motivazione di tale operazione, presentata da Pristina come lotta a crimine e corruzione.
La risposta di Pristina arriva immediata. Il premier kosovaro Ramush Haradinaj ha dichiarato “persona non grata” Mikhail Krasnoshcenkov, il cittadino russo componente del personale Unmik (missione Onu) a Pristina, arrestato martedì durante l'operazione di polizia nel nord del Kosovo. La decisione è stata presa dal governo di Pristina a causa della «attività contro l'ordine costituzionale del Kosovo, contro la pace e la stabilità» da parte di Krasnoshcenkov. Il ministro degli Esteri Behgjet Pacolli ha dichiarato “persona non grata” addirittura il premier serbo Ana Brnabić per alcune sue frasi offensive contro la leadership kosovara.
Ma schiaffi all’Unione europea arrivano anche dal Kosovo. Se l'Ue continuerà a isolare il Kosovo, si prenderà in considerazione la possibilità di iniziative istituzionali o di un referendum sulla riunificazione del Kosovo con l'Albania, ha dichiarato il presidente Hashim Thaci. «Ciò potrebbe avvenire con l'adozione di una risoluzione in Parlamento o con un referendum in Kosovo e in Albania, comprendendo anche Preševo, Bujanovac e Medvedja», ha precisato. Preševo, Bujanovac e Medvedja sono le tre località maggiori della cosiddetta Valle di Preševo”, una regione del sud della Serbia a maggioranza di popolazione albanese che è rivendicata dal Kosovo.
Il premier kosovaro Ramush Haradinaj sarà, intanto, il 6 giugno a Berlino dove incontrerà la cancelliera tedesca Angela Merkel. Nel colloquio si parlerà delle prospettive di ripresa del dialogo fra Pristina e Belgrado, in vista del nuovo vertice dei Balcani occidentali in programma a Parigi a inizio luglio. Alla ripresa del dialogo, che appare molto difficile, non gioverà certo l’arrivo di Hillary Clinton, Madeleine Albright e Wesley Clark a Pristina il 12 giugno prossimo in occasione del 20mo anniversario della fine dei bombardamenti Nato contro la Serbia di Slobodan Milošević, che posero fine al conflitto armato in Kosovo. Milovan Drečun, capo della commissione per il Kosovo al Parlamento serbo, ha subito parlato del «ritorno sul luogo dei crimini». A suo avviso infatti gli americani con gli altri alleati della Nato, unitamente all'Albania, parteciparono di fatto alla creazione di un Kosovo indipendente. —
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