Caporalato: domiciliari per l’ex tronista

Pasquale Commentale respinge le accuse davanti al Riesame. Il suo legale: «Il racket gestito esclusivamente dai bengalesi»
Bonaventura Monfalcone-26.10.2011 Roberto Cherbocci-Vigile urbano
Bonaventura Monfalcone-26.10.2011 Roberto Cherbocci-Vigile urbano

di Laura Borsani

Arresti domiciliari per l’imprenditore Pasquale Commentale, l’ex tronista di “Uomini e donne”, accusato dalla Procura di Gorizia nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti, in relazione alle denunce presentate da operai bengalesi dipendenti delle imprese riconducibili al 30enne monfalconese di origini campane. Lo ha deciso martedì il Tribunale del Riesame di Trieste, alla luce dell’impugnazione dell’ordinanza di custodia cautelare per la quale il 5 ottobre scorso è stato arrestato il giovane imprenditore, assieme al fratello Giuseppe (ai domiciliari) e al bengalese Amin Ruhul, di 46 anni.

E intanto si attende il pronunciamento sempre del Riesame sui ricorsi presentati in relazione alla seconda ordinanza cautelare per Pasquale Commentale, nonchè ai provvedimenti assunti nei confronti di Alessandro Rispoli, 43enne di origini campane, sottoposto ai domiciliari, e al bengalese 46enne. Ieri l’udienza s’è prolungata per diverse ore, con il Tribunale che s’è riservato il pronunciamento.

Pasquale Commentale respinge le accuse addebitategli dalla Procura goriziana. Lo fa attraverso l’avvocato Roberto Corbo, che tutela anche gli interessi del fratello Giuseppe e del padre Angelo. «Nessuna minaccia o estorsione - sostiene il legale - è stata mai perpetrata nei confronti dei dipendenti bengalesi, nè richieste di denaro o “fantomatici” fogli di dimissioni firmati in bianco. I Commentale - rilancia Corbo -, come tanti imprenditori dell’appalto, sono vittime del sistema che costringe al ricorso della paga globale ai danni dell’Inps. È notorio - aggiunge - che nel cantiere di Monfalcone tutti la applicano, obbligati dagli operai bengalesi che, diversamente, si rifiutano di eseguire le opere. La paga sindacale non stà bene ai bengalesi, cui preme guadagnare subito quanto più possibile non avendo la prospettiva di maturare il trattamento pensionistico italiano e non volendo pagare le trattenute sulle ore straordinarie. È un patto scellerato cui gli imprenditori del cantiere - continua il legale - devono accettare a rischio di frodare l’Inps e subire vertenze sindacali o cause di lavoro».

L’avvocato Corbo va oltre: «In realtà - osserva -, stando a quanto si evince dalle relazioni dei carabinieri, il racket estorsivo era gestito esclusivamente dai bengalesi, che taglieggiano e picchiano i propri connazionali».

La difesa fa quindi riferimento alla «Bimas, ricondotta al bengalese Mohammad Hossain Mukter, divenuto “collaboratore dell’Arma” - fa notare Corbo -. L’indagine dei carabinieri nasce in particolare dalla denuncia del bengalese Afran Kazi di un pestaggio subito da connazionali per essersi rifiutato di pagare 500 euro previsti per i lavoratori del Bangladesh per l’iscrizione al sedicente “sindacato” Bimas, cui fa riferimento Mohammad Hossain Mukter. L’intera indagine si fonda sostanzialmente su denunce di lavoratori bengalesi appartenenti alla Bimas».

Il legale mette, quindi, in collegamento l’inchiesta della Procura di Gorizia con il processo al quale “Mark” è attualmente sottoposto: «Non può sfuggire - osserva - la singolare somiglianza dei fatti addebitati a “Mark” in concorso con altri soggetti, con quelli che lui e i suoi connazionali aderenti alla Bimas hanno denunciato».

Corbo conclude: «Le ditte dei fratelli Commentale erano, come tutte nel cantiere, in evidente difficoltà sfociata nel ricorso massivo alla cassa integrazione e alle note vertenze sindacali risolte grazie all’intervento della Cgil, che si è sostituita alla Bimas non autorizzata».

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