Cash & carry, indagini chiuse Chiesto il giudizio per Gomez

La Procura di Gorizia ha chiesto il rinvio a giudizio dell’imprenditore di origini venezuelane Victor Julio Araujo Gomez coinvolto nell’inchiesta sul mondo dell’appalto Fincantieri passata alla ribalta della cronaca con il nome in codice di “Cash and carry”. Lo scorso 14 maggio il quarantenne, da anni residente a Fogliano Redipuglia, era stato arrestato dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale nel suo ufficio-container a ridosso dei bacini di carenaggio (poi perquisito) per l’ipotesi di reato di estorsione, minaccia aggravata e sfruttamento del lavoro.
I militari, camuffati da addetti della security Fincantieri, lo avevano intercettato alle 7.40, mentre si apprestava a cominciare l’attività. Contestualmente nell’indagine, avviata l’anno prima, erano rimaste invischiate altre sette persone del Padovano, denunciate per falso e accusate di aver attestato la certificazione di corsi per la sicurezza in realtà non svolti regolarmente dai dipendenti di Araujo Gomez, socio e cotitolare de La Montaggi srl, poi radiata dall’albo dei fornitori Fincantieri. La ventina di maestranze non aveva perduto l’impiego, ma era stata assorbita dalla Petrol lavori, impresa attiva nel medesimo settore, cioè la realizzazione di ponteggi.
La scorsa settimana il sostituto procuratore Ilaria Iozzi ha chiuso le indagini. Araujo Gomez, che dal giorno dell’arresto si trovava detenuto in custodia cautelare alla casa circondariale di Gorizia, ha nel frattempo fatto rientro alla sua abitazione, dove risulta sottoposto alla misura degli arresti domiciliari. Un provvedimento giunto dopo il confronto con il magistrato Iozzi, cui l’uomo aveva lo scorso 30 giugno raccontato la sua verità, in un contraddittorio protrattosi dal mattino al pomeriggio.
Le indagini, secondo quanto emerso a maggio, avevano appurato che l’«attività vessatoria» sugli operai aveva avuto una durata di «almeno due anni». Per la Procura Araujo Gomez «in qualità di capo cantiere sottoponeva gli operai, maliani, gambiani e senegalesi, a proibitive condizioni lavorative, con turni superiori alle 10 ore giornaliere, retribuendoli solo parzialmente» e «minacciandoli di allontanarli dal posto di lavoro, al fine di ottenere mensilmente, dagli stessi, la restituzione dallo stipendio appena ricevuto di somme variabili da 200 a 400 euro». Inoltre alcuni operai, «vittime di un incidente sul posto di lavoro, erano stati obbligati, con la minaccia di licenziamento, a omettere la denuncia di infortunio alle autorità», costretti «a dichiarare che (i traumi, ndr) erano avvenuti al proprio domicilio». L’avvocato di Araujo Gomez, Paolo Bevilacqua, aveva dato atto della meticolosità delle indagini, ma negato le minacce, asserendo che «gli operai godevano di permesso di soggiorno per motivi umanitari», dunque non potevano risultare così facilmente respingibili in caso di perdita del lavoro.
Altro aspetto saliente dell’inchiesta “Cash and carry” riguarda invece la formazione professionale, cioè le accortezze da utilizzare nella realizzazione in sicurezza dei ponteggi. I carabinieri «hanno appurato che i lavoratori durante le ore previste per il corso erano stati invece impiegati in cantiere nell’attività lavorativa». Pare, ma ciò sarà eventualmente oggetto di ulteriori approfondimenti nella sede della società padovana “certificatrice”, dove tra organizzatori e docenti sono scattate sette denunce per falso, che gli operai non si presentassero alle lezioni, ma solo all’esame finale. Non sarebbe da escludere, per alcuni lavoratori, la consegna del foglio in bianco, visto che non avevano potuto frequentare il corso. Ma ciò, si chiedono ora gli inquirenti, sarebbe avvenuto solo con la Montaggi srl o anche con altre realtà? —
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