Catturato il cinghiale di via delle Docce

È stato catturato il cinghialino che aveva trovato rifugio e domicilio nell’area dell’ex campo profughi posto tra via delle Docce e via delle Cave.
Il suino è stato catturato ieri mattina dalle guardie venatorie provinciali che hanno effettuato una vera e propria battuta di caccia utilizzando un fucile (nuovo di zecca) che spara proiettili con una siringa contenente un liquido soporifero e anestetizzante. Il cinghialino è stato centrato al terzo colpo. Poco dopo si è accasciato al suolo, esanime. All’operazione ha presenziato un veterinario, nominato dalla Provincia e incaricato di vigilare su sempre possibili crisi cardiaco-polmonari innescate dall’anestetico e dal sonnifero contenuti nel proiettile.
Poi l’animale addormentato - diventato una sorta di mascotte per gli abitanti della zona - è stato trasportato dalle guardie sul Carso, dove «in una zona verde e isolata è stato liberato», spiega il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc.
Per “risvegliarlo” dalla paresi farmacologica, il veterinario gli ha somministrato un particolare antidoto che ha annullato l’effetto dei tranquillanti.
«Tanta gente aveva chiesto di intervenire perché l’animale nell’area era come rinchiuso e poteva anche diventare pericoloso. Lì vicino c’è anche un asilo infantile», spiega Igor Dolenc. Ma va aggiunto che il cinghiale è stato molto utile. Ha realizzato in questo breve periodo di permanenza nell’area una disinfestazione dai topi che erano stati segnalati come molto numerosi. «Lì - dice un abitante - ce n’erano molti. E il cinghiale li ha fatti sparire in brevissimo tempo». Poi lancia una critica: «Forse sarebbe stato meglio lanciargli delle mele contenenti il sonnifero piuttosto che sparargli una siringa. Lo scoppio rappresenta sempre un trauma».
Sulla presenza del cinghiale durata sette mesi nell’ex area del campo profughi posto tra via delle Docce e via Delle Cave, si era innescata da tempo una vivace polemica tra l’Enpa (Ente nazionale protezione animali) e la Provincia. Ai carabinieri il presidente dell’Enpa, Gianfranco Urso aveva denunciato il furto di una gabbia-trappola realizzata dall’associazione e sistemata nella zona chiusa dell’ex campo profughi. Quella trappola avrebbe dovuto rendere superfluo l’acquisto e l’utilizzo del fucile e del narcotivo. La sparizione ha aperto la strada alla battuta di caccia e alla siringa.
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