Cefalee croniche: l’ospedale di Cattinara a Trieste lancia un modello di cura multidisciplinare

Saranno potenziati coordinamento e formazione del personale. La rete di professionisti migliorerà la qualità della vita dei pazienti

Lorenzo Degrassi
L'ospedale di Cattinara (Silvano)
L'ospedale di Cattinara (Silvano)

Al via a Cattinara un modello innovativo di cura multidisciplinare per la cefalea cronica. Il programma è stato sviluppato dalla Clinica Neurologica e dal Centro per la Diagnosi e Terapia delle Cefalee dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina ed è stato presentato lunedì.

«Il progetto – ha spiegato il professor Paolo Manganotti, direttore della Clinica Neurologica – nasce per ottimizzare la cura dei pazienti con cefalea primaria cronica attraverso il potenziamento del personale sanitario, il miglior coordinamento tra le figure coinvolte nella rete e una formazione continua che consenta di omogeneizzare i comportamenti professionali». Una necessità dettata da una domanda in costante aumento: «Le richieste superavano di gran lunga l’offerta – ha aggiunto – e mancava una comunicazione efficace fra neurologi, medici di medicina generale, psicologi, fisioterapisti, pronto soccorso e gli altri specialisti. Inoltre, molte figure non possedevano una preparazione specifica sulla cefalea, spesso considerata erroneamente una patologia minore».

Il progetto, avviato nell’aprile 2025, punta quindi a cambiare radicalmente l’approccio. Come ha sottolineato il dottor Antonio Granato, direttore del Centro Cefalee, l’obiettivo è «creare una rete multidisciplinare e multilivello capace di migliorare la cura e la qualità di vita dei pazienti».

In concreto, il programma prevede sei linee d’azione: mappare i livelli di accesso, potenziare la presa in carico, formare il personale sanitario, informare la popolazione, migliorare i percorsi terapeutici tramite terapia cognitivo-comportamentale e mindfulness e, infine, integrare trattamenti di neuromodulazione non invasiva, efficaci e privi di effetti collaterali. Queste terapie potranno affiancare o sostituire i farmaci, opzione particolarmente utile per categorie come le donne in gravidanza o allattamento.

La spinta decisiva al progetto è arrivata dal consiglio regionale e, in particolare, dal capogruppo di FdI Claudio Giacomelli. «La cefalea rappresenta un problema sanitario, sociale ed economico di grande rilievo – ha dichiarato il consigliere – e mi è sembrato doveroso intervenire per finanziare progetti capaci di alleviare le sofferenze dei pazienti e rispondere così ai bisogni del sistema socio-sanitario».

L’emendamento da lui presentato ha perciò permesso di allineare il Fvg ai decreti attuativi della Legge 81/2020, che riconosce la cefalea cronica come malattia sociale. «Molte regioni erano già state finanziate – ha ricordato – mentre la nostra era rimasta esclusa. Con questo stanziamento sosteniamo un Centro Cefalee che è un’eccellenza riconosciuta». Le risorse stanziate hanno già prodotto effetti concreti: l’apertura dell’Ambulatorio Cefalea Cronica nei due macrodistretti di Trieste e il rafforzamento del personale con un infermiere dedicato, uno psicologo e un fisioterapista. Il potenziamento consente l’accesso preferenziale ai pazienti cronici e l’abbattimento delle liste d’attesa, uno dei problemi più sentiti da chi convive con la malattia.

«L’obiettivo finale – ha concluso il professor Manganotti – è creare un modello organizzativo replicabile in tutta la regione, capace di migliorare davvero la qualità di vita dei pazienti e di rafforzare la sinergia tra ospedale e territorio». La rete mette al centro le persone e, per la prima volta, affronta la cefalea cronica con la complessità e la serietà che merita.

La cefalea cronica non è soltanto un banale mal di testa: come ha ricordato il dottor Granato: «Si tratta di una fenomenologia che si manifesta per almeno 15 giorni al mese per tre mesi consecutivi ed è riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della Sanità come una delle principali cause di disabilità nel mondo». Si tratta pertanto di un disturbo che incide sulla vita quotidiana, sul lavoro e sulle relazioni e che spesso si scontra con liste d’attesa troppo lunghe e percorsi di cura frammentati. —

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