Celli: «Un delitto privare Trieste del suo gioiello neoclassico»
«Dunque, quale cittadino residente a Trieste, non sarò più proprietario di 1/ 204.420 dello storico edificio di Palazzo Carciotti: lo ha deciso l’attuale giunta insediata da qualche mese in palazzo Cheba, decretando di metterlo in vendita a privati. Che cosa riceverò in cambio?». Luciano Celli, architetto postmoderno, si interroga sulla cessione del gioiello neoclassico. Domanda retorica, ovviamente. E risposta amara. «Nulla che possa compensare questa enorme lacuna che si aprirà nel patrimonio monumentale della nostra città. Piuttosto il dileggio dei colleghi che esercitano in altre città, laddove cultura, storia, memoria, identità contano qualcosa» replica Celli. «Questo capolavoro neoclassico citato e illustrato in tutte le guide turistiche e commentato nei saggi storici d’architettura, è stato costruito tra ‘700 e ‘800, su progetto di Matteo Pertsch - racconta Celli -. All’esterno il progetto in puro stile neoclassico conferisce impronta duratura alla morfologia del fronte prospettante il panorama del golfo: in sequenza verticale è ritmato dal portico-stilobate, dalle sei colonne giganti, la balaustra con le statue sovrastanti, la cupola in rame, l’aquila napoleonica. Gli ambienti interni declinano l’ordine ionico nella purezza dei dettagli ornamentali evocando l’ideale bellezza ellenica: la statuaria dello scultore Antonio Bosa, “allievo” del Canova, abita il corpo di fabbrica prospettante il mare in uno sfoggio di statue di grande bellezza, rilievi ornamentali, affreschi . Due imponenti Ercole e Minerva accolgono chi entra nell’atrio al pianterreno; le marmoree balaustre dello scalone monumentale ospitano altre statue del Bosa, improntate ad uno stile che ricorda le cariatidi dell’Eretteo di Atene. Le vele della cupola sovrastano la sala rotonda, ritmata da 16 colonne e decorata con scene tratte dall’Iliade: la declinazione dei temi mitologici era finalizzata a magnificare l’epos del ceto mercantile di allora». E quindi? Conclude Celli: «Questo edificio civile di straordinario vigore espressivo rappresenta gli ideali di cultura interpretati dagli intellettuali illuministi del tempo, quando patrimonio e memoria della città erano ritenuti proprietà e orgoglio della comunità». (fa.do.)
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