Cellule staminali, assolto il medico triestino Andolina

La Corte d’appello di Brescia: “Il fatto non sussiste”. 

Piero Tallandini
Foto Bruni Trieste 05.01.2023 Marino Andolina
Foto Bruni Trieste 05.01.2023 Marino Andolina

TRIESTE La Corte d’appello di Brescia ha assolto martedì il medico triestino Marino Andolina nel processo di secondo grado legato all’inchiesta della Procura lombarda sui trattamenti sanitari a base di cellule staminali a malati affetti da patologie neuro degenerative.

Assolto perché “il fatto non sussiste”. Assolti anche gli altri cinque imputati.

Secondo l’accusa quei farmaci erano “imperfetti e pericolosi per la salute pubblica” e la loro somministrazione non sarebbe stata lecita.

La Corte d’appello ha però ribaltato la sentenza di primo grado in cui Andolina e altri cinque rinviati a giudizio erano stati condannati, anche se era caduta subito l’accusa di truffa.

Un caso “Stamina 2” da cui Andolina, difeso dall’avvocato Alessandro Delbello del Foro di Gorizia, esce dunque a testa alta. Le motivazioni della sentenza saranno pubblicate entro 45 giorni. Si chiude così «un calvario giudiziario che ho sopportato da quasi un decennio – sottolinea il pediatra triestino –. Il tribunale ha recepito le argomentazioni del mio avvocato, assolvendomi dall’accusa di aver truffato, assieme ad altri, dei pazienti proponendo delle terapie a base di derivati di cellule staminali». Una vicenda giudiziaria che ha riportato ancora una volta in primo piano la questione delle staminali e il dramma di chi deve affrontare malattie neuro degenerative.

E proprio ai pazienti Andolina rivolge il suo pensiero nel giorno dell’assoluzione: «Per quanto io abbia sofferto per anni per accuse ingiuste e per atti di sciacallaggio di persone che ritenevo amiche, quanto io ho patito è poco rispetto a quanto hanno patito i pazienti che alla fine hanno visto negata loro una terapia efficace». «Questa assoluzione – aggiunge il medico – segue a quella del tribunale di Trieste che mesi fa mi aveva assolto dall’accusa gravissima di peculato. L’accusa si basava sulla supposta attività di terapia con staminali al Burlo all’insaputa dei miei dirigenti di allora, non registrando nemmeno i pazienti. Alla fine, trovate le cartelle cliniche e dimostrata la mia correttezza, perfino il pubblico ministero aveva chiesto la mia assoluzione». «È la fine di un incubo – conclude Andolina –, per me e per i miei cari, anche se l’amarezza per le umiliazioni subite rimarrà a lungo».— © RIPRODUZIONE RISERVATA

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