Cercava la vendetta, salta in aria

Antonio Castriotta voleva far esplodere con 4 bombole di gas il palazzo che lo inquietava
Ha cercato la vendetta mirando alle fondamenta del palazzo che gli stavano costruendo sopra la sua casetta. Ma, a saltare in aria, è stato solo lui. Il sessantenne Antonio Castriotta è morto infatti carbonizzato ieri a San Giovanni, poco dopo mezzogiorno, nel garage sotto un cantiere in via delle Linfe. E lui non era un operaio, bensì il proprietario dell’abitazione a fianco, al civico 9. L’ha investito la fiamma generata dallo scoppio di una delle quattro bombole di gas trovate sul posto con le valvole spalancate. E quelle bombole non appartenevano al cantiere. Vicino a lui l’ombra di nessuno. Solo la sua automobile, una Toyota Corolla, altrettanto dilaniata dal fuoco, inspiegabilmente parcheggiata in quel garage anziché nel box di casa sua. L’inspiegabile però - un paio d’ore dopo il botto che ha stremito un intero quartiere facendo tremare i vetri di appartamenti lontani in linea d’aria anche più di un centinaio di metri - ha via via lasciato posto a quella che, per gli investigatori coordinati dal pm Lucia Baldovin, è la ricostruzione più fedele e attendibile della tragedia. L’ipotesi più probabile, come ha confermato il capo della Squadra mobile della Questura Mario Bo, è che Castriotta - nativo di Manfredonia, in Puglia, e triestino acquisito - abbia perso la vita per sua stessa mano, in seguito a una sconsiderata ”spedizione punitiva” contro quel palazzo di sette piani del quale era ormai ossessionato. È stato lui insomma, servendosi della macchina, a portare nel garage le quattro bombole recuperate poi dai vigili del fuoco (due delle quali le aveva comperate in mattinata in un negozio individuato dagli investigatori) e ad aprirne le valvole. La verità sui fotogrammi successivi - il preludio di un frastuono amplificato dal fatto che la stretta via delle Linfe è ”incassata” tra i palazzi di viale Sanzio da una parte e salita di Guardiella dall’altra - se n’è andata con Castriotta. Forse voleva allontanarsi ma una scintilla non prevista non gliene ha dato il tempo. O forse è stato lui stesso a decidere di andare fino in fondo. Fatto sta che una delle bombole è scoppiata. Fossero saltate tutte e quattro le conseguenze sarebbero state probabilmente ben più devastanti del garage semidistrutto, della colonna di fumo nero che si è levata alta una ventina di metri, tanto quanto il palazzo in fase di costruzione, e pure della saracinesca di un box auto davanti al garage, piegata da far impressione per lo spostamento d’aria.


Nei minuti successivi al boato la centrale operativa dei vigili del fuoco è stata presa d’assalto dalle chiamate dei residenti. E subito il tratto di strada in corrispondenza dell’imbocco del garage è diventato ”zona invalicabile” - con la gente appostata anche in mutande sui balconi soprastanti - trasformandosi in territorio esclusivo degli addetti ai lavori. Dei pompieri che hanno domato le fiamme, dei sanitari del 118, dei poliziotti delle Volanti, della Squadra mobile, della Scientifica e persino della Digos, ma anche dei carabinieri e degli ispettori della locale Azienda sanitaria per la regolarità del lavoro nei cantieri, fino al medico legale Denny Fuliani e, soprattutto, al pm Baldovin. Un ”esercito” mobilitato per risolvere quello che, per un’ora abbondante, è rimasto un rebus. Si rincorrevano voci - poi smontate dagli accertamenti - che presumevano la morte bianca di un operaio dentro il cantiere, come pure la presenza accanto al cadavere carbonizzato di un ferito gravissimo. Anche il sindaco Roberto Dipiazza è arrivato per un sopralluogo, nel quale è stato accompagnato dal vicedirigente della Squadra mobile Leonardo Boido. Erano le 13.30 e le ipotesi del momento parlavano ancora di bombole in dotazione all’impresa edile per le impermeabilizzazioni. Ma poco dopo gli ispettori dell’Ass se ne sono andati: non si trattava di morte bianca, né di responsabilità dirette degli operai. Verso le 14.30 ha lasciato il luogo della tragedia anche il pm Baldovin: «Non è sicuramente un infortunio sul lavoro - ha precisato il magistrato - e le quattro bombole rinvenute non erano del cantiere. La persona deceduta, sebbene irriconoscibile, è stata identificata da elementi circostanziali». Da qualche minuto il viavai di investigatori nella casetta accanto al garage si era intensificato. Segno che il rebus era ormai risolto.
Argomenti:esplosione

Riproduzione riservata © Il Piccolo