Chiesto il giudizio per il medico accusato di aver ucciso 9 volte

Per la Procura Campanile avrebbe iniettato agli anziani medicine rivelatesi letali Domandato il rinvio anche per l’ex capo del 118 Antonaglia per omessa denuncia

Gianpaolo Sarti

La Procura di Trieste ha chiesto il rinvio a giudizio per il 48enne Vincenzo Campanile, il medico di Monfalcone finito in una maxi inchiesta per omicidio volontario. Campanile, ex anestesista del 118 del capoluogo (l’Azienda sanitaria lo ha licenziato), è accusato di aver ucciso 9 anziani durante altrettante operazioni di soccorso domiciliare. Il medico, anziché tentare di salvarli, avrebbe iniettato loro dosi di Propofol. Ma anche morfina, Diazepam e Midazolam. Farmaci che potrebbero aver accelerato se non addirittura determinato i decessi. Campanile deve rispondere anche di falso in atto pubblico: nei verbali di intervento non aveva trascritto l’uso di quei medicinali. Per almeno un anziano «attestava falsamente», si legge negli atti, di aver «praticato attività di rianimazione cardiopolmonare di base con uso di defibrillatore». In un altro caso ha dichiarato che il paziente deceduto «non era contattabile», cioè non cosciente, mentre – ne sono convinti gli inquirenti – si trattava di «persona vigile». La Procura ha domandato il rinvio a giudizio pure per l’ex direttore del Sores regionale ed ex responsabile del 118 di Trieste Vittorio Antonaglia, indagato per «omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale». Il dirigente sarebbe stato messo al corrente di ciò che il suo sottoposto faceva, ma non lo ha denunciato. Gli investigatori ritengono che il dottor Antonaglia sia stato «dettagliatamente informato» da tre infermieri su due episodi specifici. Infermieri a loro volta allertati da due colleghe: operatrici dell’ambulanza che avevano assistito a quelle strane somministrazioni.

Campanile e Antonaglia compariranno davanti al gup, per l’udienza preliminare, il 24 luglio. L’avvocato di Antonaglia, Giovanni Di Lullo, contesta l’ipotesi accusatoria formulata dai pm nei confronti del proprio assistito: «Antonaglia non ha nessuna colpa», dice. Quanto accaduto, se dimostrato in un’aula di Tribunale, non ha precedenti, certo non a Trieste. Con quelle iniezioni nascoste, di cui l’anestesista non lasciava traccia documentale, sarebbero morti a Trieste 9 anziani tra i 75 e i 90 anni. Pazienti affetti da gravi patologie o colti da improvvisi peggioramenti che erano stati assistiti dal dottor Campanile durante gli interventi di emergenza dell’ambulanza. Le morti sospette, su cui ha indagato la Procura, si erano verificate tra novembre 2014 e gennaio 2018. Il modus operandi del medico è stato accertato durante l’inchiesta anche grazie alle testimonianze dei colleghi. Campanile iniettava nei pazienti soluzioni uniche, dosi massive in vena. Lo faceva senza informare gli anziani che stava soccorrendo, né i familiari presenti al capezzale. E di queste medicine potenzialmente letali, come detto, non c’era traccia nelle schede di intervento che il professionista compilava. Le vittime chiudevano gli occhi, come addormentate. E morivano.

Le perizie dei legali incaricati nei mesi scorsi dal gip Luigi Dainotti, hanno confermato la presenza dei farmaci nelle salme. «L’accertata somministrazione del Propofol ha assunto rilevanza causale o, quanto meno, concausale nel verificarsi dei decessi», si legge in un passaggio dello studio sui cadaveri. Alle udienze fin qui andate in scena hanno preso parte anche i legali delle parti in causa: tra questi l’avvocato dell’indagato per gli omicidi, Alberto Fenos, i difensori a cui si sono affidate le famiglie delle persone decedute (tra cui gli avvocati Maria Genovese, Antonio Santoro, Giuliano Iviani) e l’avvocato dell’Asugi Giovanni Borgna. Per risalire alle tracce dei medicinali sono state riesumate le salme di 5 presunte vittime, quelle non cremate: Egone Schneider, Nives Parovel, Ersilde Mernik, Maria Kupfersin, Mario Palcich.—

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