Chiusa per restauro la grotta preistorica dove si venera Mitra

Dopo la pulitura di rovi e arbusti il sito riaprirà ad aprile Allo studio la possibilità di ampliare l’orario di visita estivo
Di Benedetta Moro

DUINO AURISINA. La frequentarono gli uomini della preistoria e del periodo neolitico. Poi la gente della civiltà dei castellieri. Fino al II secolo d.C. veniva usata come stalla. Ma chi ha usufruito di più della grotta naturale “del Mitreo”, che si trova a Duino-Aurisina, vicino alla chiesa di San Giovanni in Tuba, furono i soldati romani. Che la sfruttarono fino al IV secolo quale piccolo tempio di devozione al dio persiano Mitra, l’unica divinità del mondo antico che predicava la vita dopo la morte. Nato il 25 dicembre del 1400 a.C. circa, ancora oggi in quella data, ma non solo, proprio alle pendici del monte Ermada, gli addetti della Soprintendenza trovano pupazzi, monetine, fiori e urne lasciati da chi continua a salutare, soprattutto d’inverno, oltre a Mitra, anche i solstizi e gli equinozi.

Fino ai primi d’aprile, però, i vari seguaci e i comuni visitatori dovranno attendere: l’area verrà momentaneamente chiusa al pubblico per lavori di manutenzione. Quello che in Europa è uno dei pochi mitrei ipogei, inseriti appunto in una cavità naturale, ha bisogno di un restauro. La ditta Alpi, specializzata nella messa in sicurezza delle pareti montane, si occuperà di un lavoro di disgaggio, così si chiama tecnicamente.

«Dobbiamo eseguire la pulitura delle essenze arboree prima che proliferino: questo è il periodo adatto - spiega Antonella Crisma, funzionario restauratore della Soprintendenza Fvg -. Le radici hanno sgretolato la roccia e quindi già da novembre abbiamo impedito l’accesso, la grotta si poteva solo ammirare da fuori. Bisogna controllare la volta e la grotta intera per capire anche se si devono mettere dei perni. Manterremo determinate piante autoctone, ma tutto il resto che mette a repentaglio la struttura sarà tolto. Si tratta di rovi e piccoli arbusti».

Si preparano però i tempi per parlare anche di altre novità per questo antico luogo di culto monoteistico prettamente maschile. «Vorremmo rimodulare l’orario per venire incontro a tutte le richieste dei turisti - aggiunge Paola Ventura, archeologa della Soprintendenza Fvg -. Ora l’orario di visite è impostato su quello vecchio del Ministero, che prevede solo due ore alla settimana. Invece, soprattutto d’estate, vorremmo ampliare il ventaglio di possibilità».

Pochi elementi, quelli essenziali che usavano un tempo i credenti del dio Mitra, sono disposti oggi nella stessa maniera. Per evitare furti tutto all’interno è in forma di copie. Sono conservati i calchi di due rilievi che rappresentano la scena di un giovane che sacrifica un toro in onore del dio Sole, figura in cui poi si traspose la divinità di origini orientali. Mitra nasce da una roccia con una fiaccola e con un coltello nelle mani. Inizia ai propri misteri il Sole. Il dio sale sul carro di quest’ultimo e con un colpo di freccia fa scaturire l’acqua da una roccia. Infine, ed è questo il suo atto centrale, uccide il toro cosmico che morendo dà vita all’universo. Distesi su due banconi, probabilmente rivestiti di legno, ancora oggi presenti, i fedeli si distendevano per riposare, mangiare, adorare. Intorno poi ci sono alcuni cippi, ovvero delle piccole colonne con alcune iscrizioni. E ancora delle steli, ricostruite secondo i frammenti ritrovati. «Ma abbiamo in mente anche di dare una nuova veste più originale - sottolinea Crisma -, una visione più attuale».

Lo spazio fu scoperto negli anni ’60 dalla Commissione grotte “Eugenio Boegan”, che dopo la guerra si occupò di censire tutte le cavità del Carso. Vi trovarono suppellettili di vario tipo. Durante la Prima guerra mondiale, al contrario di tanti altri abitacoli naturali dell’altopiano, nessuno vi trovò rifugio. «Parte della grotta è crollata - spiega Crisma - forse a causa dei momenti tellurici del VI secolo d.C., quindi durante il conflitto l’entrata era rimasta bloccata e tale è rimasta finchè non è stata scoperta». Furono trovate all’interno tantissime monetine, nascoste per bene. Cinquecento sembrerebbe, su cui venivano nominati gli offerenti. Ma anche lucerne e vasetti votivi, suppellettili tutte conservate nel deposito della Soprintendenza.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo