Claudio Regeni: "Zone grigie dall'Egitto e dall'Italia"

I genitori di Giulio sentiti dalla Commissione parlamentare d'inchiesta: "L'ambasciatore al Cairo non ci risponde da molto tempo"
Paola Deffendi e Claudio Regeni con un disegno che raffigura il loro figlio Giulio
Paola Deffendi e Claudio Regeni con un disegno che raffigura il loro figlio Giulio

ROMA. «Ci sono zone grigie sia dal governo egiziano, che è recalcitrante e non collabora come dovrebbe, e anche da parte italiana, che non ha ancora ritirato il nostro ambasciatore al Cairo. Da tempo chiediamo il ritiro dell'ambasciatore». Lo ha detto Claudio Regeni, ascoltato oggi martedì 4 febbraio assieme alla moglie Paola Deffendi, dalla commissione parlamentare d'inchiesta istituita sull'uccisione del loro figlio Giulio Regeni, il ricercatore originario di Fiumicello scomparso al Cairo il 25 gennaio del 2016 e ritrovato cadavere, il corpo martoriato dalle torture, il 3 febbraio successivo.

Ancora in merito ai rapporti con l'Egitto e al ruolo dell'ambasciatore italiano al Cairo, che Palazzo Chigi decise di reinviare annunciando la decisione il 14 agosto del 2017, «L’ambasciatore italiano al Cairo Cantini da molto tempo non ci risponde: evidentemente persegue altri obiettivi rispetto a verità e giustizia, mentre porta avanti con successo iniziative su affari e scambi commerciali tra i due Paesi», hanno detto davanti alla commissione Paola Deffendi e Claudio Regeni. Fra gli altri passaggi, anche quello sulle torture inflitte al ricercatore:  «Abbiamo scoperto che Giulio era stato torturato leggendo i giornali. Non ci era stato riferito dall'ambasciata per una sorta di tutela nei nostri confronti ed è stata una super-botta per noi», ha detto Paola Deffendi.

Riproduzione riservata © Il Piccolo