Colautti non passa, la Fiom resta senza guida

L’assemblea generale non dà la maggioranza assoluta. E il segretario uscente torna alla Wärtsilä
Lasorte Trieste 03/02/17 - Redaelli, Sindacalista Colautti
Lasorte Trieste 03/02/17 - Redaelli, Sindacalista Colautti

Non sono passate la candidatura e la proposta programmatica di Sasha Colautti per pilotare la Fiom triestina. E il segretario, dopo un anno e mezzo alla guida della categoria, ha deciso di non ricandidarsi, preferendo tornarsene al lavoro in Wärtsilä. «Sono a disposizione per gestire il passaggio di consegne con il mio successore, ma ritengo non revocabile la mia intenzione di correre nuovamente per la segreteria. Una questione di doverosa coerenza»

Venerdì scorso l’assemblea generale dei metalmeccanici cigiellini non ha tributato a Colautti il quorum necessario: Colautti l’ha sbagliato di poco, perchè ha raccolto 21 voti e gliene servivano 23, cioè la maggioranza assoluta rispetto ai 45 aventi diritto. Vuoi i 9 assenti, vuoi i 10 voti contrari, vuoi i 5 astenuti, l’obiettivo di ri-ottenere l’investitura, dopo le dimissioni presentate alla fine dell’anno, non è stato centrato. Eppure sembrava che per Colautti le cose si fossero messe bene: infatti il responsabile nazionale organizzativo Enzo Masini, che ha coordinato i lavori assembleari, aveva monitorato nella giornata di giovedì gli umori dei “grandi elettori” e aveva riscontrato un’ampia (per quanto non unanime) adesione alle posizioni espresse dal segretario triestino. Tant’è che, nonostante Colautti militi all’opposizione del leader Maurizio Landini, i cosiddetti “centri regolatori” delle candidature, ovvero Cgil Fvg e Fiom nazionale, alla fine non avevano ostato alla ri-presentazione del segretario dimissionario. Ma, dopo il lungo dibattito della mattinata, la segretezza delle urne ha riservato un’amara sorpresa non solo a Colautti, ma allo stesso Masini che evidentemente riteneva che l’esito avesse dovuto essere un altro. Adesso, come avrebbe detto Gino Bartali, «l’è tutto da rifare». La strategia di Colautti non ha sfondato: il segretario si era dimesso, all’indomani del buon risultato ottenuto a Trieste dai “no” (46,11%) nel referendum sul contratto delle “tute blu”, per ri-ottenere la guida della Fiom con una più forte legittimazione. Ne aveva parlato con lo stesso Landini, che, a onta delle differenze politiche, alla fine non gli aveva tagliato la strada, pur consigliandolo di aprire la segreteria all’opposizione. Colautti metteva sul tavolo i buoni risultati conseguiti durante il 2016, che avevano portato l’organizzazione a 1100 iscritti con un aumento del 17% rispetto alla precedente gestione. Ma l’uscente doveva fare i conti con l’irriducibile opposizione arroccata soprattutto nella Ferriera, che proprio sullo stabilimento siderurgico ha una posizione differente da quella di Colautti.

Insomma, è stallo al vertice della Fiom triestina. Perchè, se è vero che a Colautti è mancata la pienezza del consenso, è altrettanto vero che candidature alternative non ne sono state presentate. Roma e Trieste decideranno come proseguire per sbloccare l’impasse.

magr

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