Condannato a 2 anni per stalking verso l’ex

Il giudice Clocchiatti ha riconosciuto colpevole un cittadino originario dell’Albania che minacciava la consorte col martello
Di Tiziana Carpinelli

Era accusato di atti persecutori, accompagnati da minacce brandendo un martello, percosse e ingiurie nei confronti dell’ex moglie, con la quale aveva avuto due figli. Martedì il giudice del Tribunale di Gorizia Francesca Clocchiatti gli ha inflitto la pena di due anni. Non è la prima volta che il cittadino di nazionalità albanese, D.D. di 61 anni, in passato custode presso una casa di riposo a Monfalcone, si caccia nei guai. In precedenza era già stato condannato per maltrattamenti e lesioni, sempre verso l’ex coniuge, beneficiando della condizionale.

L’altro giorno il giudice Clocchiatti, tra i vari reati, lo ha riconosciuto colpevole di stalking, condannandolo al risarcimento di 10mila euro a favore della vittima e alle spese legali, circa 3mila euro, da rifondere all’avvocato di parte civile Massimo Bruno. Una vicenda per molti aspetti sconcertante a rileggere gli episodi testimoniati nel corso del processo, dove oltre ad alcuni conoscenti della donna offesa, pure oggetto di minacce e ingiurie e dunque parte civile nel dibattimento, sono comparsi in veste testimoniale anche dei carabinieri.

D.D., si è reso autore di uno stalking definito dall’avvocato Bruno quantomeno «aggressivo». Oltre a perseguitare telefonicamente l’ex moglie di 49 anni (la Polizia aveva verificato attraverso i tabulati telefonici la consistenza dei fatti illeciti, provando che l’uomo la contattava tutti i giorni e a tutte le ore), svolgeva degli appostamenti in piena regola e la pedinava.

Non solo: D.D. non aveva esitato, in un’occasione, mentre l’ex si trovava alla guida della sua vettura, a tamponarla col proprio mezzo. Altre volte, sempre nel tentativo di bloccarla, le aveva precluso l’uscita serrandole il passaggio con la macchina. Tutti chiari segnali d’intimidazione. «Nelle situazioni più gravi, anche in presenza di testimoni - riferisce sempre l’avvocato Bruno -, l’uomo aveva preso per il collo la mia assistita oppure le aveva affibbiato dei calci. In altre l’aveva minacciata brandendo addirittura un martello». Circostanze per le quali sono state esibite, va detto, prove attraverso il ricorso alla certificazione medica. «Insomma un autentico incubo», conclude il legale della donna, che si era rivolta al locale commissariato di Polizia per denunciare la situazione di pesante vessazione subìta.

Da qui l’indagine degli agenti, il rinvio a giudizio e il processo di primo grado conclusosi martedì mattina. La difesa, rappresentata in aula dall’avvocato Francesca Negro di Gorizia, ha quarantacinque giorni di tempo dal deposito della sentenza emessa dal giudice Francesca Clocchiatti per promuovere un eventuale appello e sperare in un ridimensionamento della pena.

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