Cooperative operaie: «Pareggio nel triennio, no a fusioni»

Ratificato dall’assemblea generale il bilancio chiuso con i conti in in rosso. I “contras”denunciano: perdite registrate dal 2004 Codarin ribatte: fatturato aumentato
Di Piero Rauber
Foto BRUNI Trieste 27 05 2011 Torri d'Europa
Foto BRUNI Trieste 27 05 2011 Torri d'Europa

I contras la agitano come uno spettro. E reclamano che mai diventi l’amara medicina per curare i buchi di bilancio. I filogovernativi la scartano come una “liscia” a briscola, dispensando la sicurezza - e la promessa - d’aver già considerato il ricorso a terapie meno invasive per combattere la crisi.

Premesse opposte per una conclusione sola: il problema delle Coop di casa non va risolto col teorema delle fusioni con altre coop, grandi e lontane. Il «mantenimento a Trieste dei centri decisionali» è l’unico comune denominatore tra maggioranza e opposizione dei soci “militanti” venuto a galla ieri mattina, nel quartier generale di via Caboto, in occasione dell’assemblea generale ordinaria chiamata a ratificare il consolidato 2012 delle Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli, bilancio che come è noto si è chiuso con un rosso di 5 milioni tale da grattare le riserve patrimoniali da 41 a 36 milioni. All’appuntamento hanno timbrato il “cartellino” 72 delegati tra quelli usciti dalle 8 assemblee territoriali, cui avevano preso parte in tutto 805 soci (su oltre 112mila!) dei quali 73 avevano votato contro il bilancio presentato dal Cda, mentre una cinquantina s’era astenuta.

Dei 72 delegati presenti 60 rappresentavano così i favorevoli, 8 i contrari e 4 gli agnostici. È stata comunque la minoranza a prendersi la scena a colpi d’intervento davanti a una maggioranza priva peraltro del presidente Livio Marchetti per questioni di salute. Una maggioranza sostanzialmente silenziosa, ad eccezione di Renzo Codarin, membro del Comitato esecutivo del Cda e ieri presidente dell’assemblea, e del socio filogovernativo Augusto Seghene, fra le altre cose presidente della controllata Reparto 7.

«È stata richiamata la crisi - ha premesso ad esempio Adeo Cernuta - ma le perdite della gestione operativa si susseguono dal 2004, al ritmo medio di 5 milioni ad esercizio. Quale credibilità possono avere gli amministratori in carica da quest’anno, che in fondo sono sempre gli stessi, quando annunciano il pareggio entro il triennio di gestione? La via d’uscita ad ogni modo non dovrà essere rappresentata da percorsi di fusione con altre realtà, che comporterebbero lo spostamento dei centri decisionali». «Le fusioni non sono quello che questo Cda vuole», ha ribattuto Codarin, il quale ha ribadito l’obiettivo del «pareggio finanziario e commerciale nel triennio» e ha ricordato come «nonostante la crisi» il fatturato del 2012 sia «aumentato» e come i soci, «nell’eleggere i loro amministratori», abbiano «diritto di esprimere la loro preferenza».

Uno dei successivi ingaggi l’ha proposto l’avvocato Stefano Alunni Barbarossa: «Il dottor Della Valle (il direttore generale delle Coop, ndr) ha detto che le fasi giudiziarie e di verifica che noi come opposizione abbiamo intentato si sono tutte concluse. Non è vero. Il certificato della Regione sulla revisione straordinaria non è arrivato. Siamo ancora sub judice». «La legge e i principi contabili - ha incalzato il commercialista Livio Lonzar - vietano di fare operazioni infragruppo, del tipo prendo un immobile, una perizia me ne raddoppia il valore, lo vendo a una partecipata al 100% e realizzo una plusvalenza». «Nel 2012, proprio per le iniziative della minoranza, siamo stati oggetto di verifiche stringenti, anche della finanza, e non ci sono stati mossi rilievi», ha tagliato corto Codarin prima di dare la parola, per le conclusioni istituzionali, a Marcello Sesso, vicepresidente nazionale della Lega delle cooperative.

@PierRaub

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