Così il tredicenne Stefano Borghes è morto nel pozzo del parco Coronini a Gorizia: tutte le inadempienze

La giudice Arban: «Copertura inadeguata. Doveva sorreggere 915 chilogrammi». Le responsabilità del Curatorio: «Non ha valutato tutti i rischi in quel parco»

Francesco Fain
Il tredicenne Stefano Borghes e, a destra, i soccorsi sul luogo dell'incidente al parco Coronini di Gorizia
Il tredicenne Stefano Borghes e, a destra, i soccorsi sul luogo dell'incidente al parco Coronini di Gorizia

Una copertura «del tutto inadeguata perché non solida in sé, né idonea ad evitare il rischio di caduta poiché non ancorata ai margini dell’apertura del pozzo. Non solo non garantiva il rischio di precipitazione all’interno ma poteva addirittura trarre in inganno gli avventori del parco, così come i lavoratori, rispetto all’entità del rischio intrinseco del pozzo giacché non era possibile vedere quale era la profondità dello stesso».

Passaggio chiave della sentenza

È uno dei passaggi-chiave della sentenza sulla morte di Stefano Borghes nel pozzo del parco Coronini-Cronberg. Trentasei pagine fitte in cui si ricostruisce l’accaduto e si attribuiscono le varie responsabilità.

Tredicenne morto nel pozzo, sei condanne: un anno e 10 mesi al sindaco di Gorizia Ziberna
Il tredicenne Stefano Borghes e, a destra, i soccorsi sul luogo dell'incidente al parco Coronini di Gorizia

Vale la pena di ricordare come, nel processo di primo grado, il sindaco Rodolfo Ziberna, in quanto presidente di diritto della Fondazione Coronini-Cronberg, era stato condannato a un anno e 10 mesi mentre i rimanenti 5 componenti del Curatorio dell’ente - Marco Menato (ex direttore della Biblioteca statale isontina), Tiziana Gibelli (ex assessore regionale alla Cultura), Raffaella Sgubin (direttore del Servizio ricerca, musei e archivi storici dell’Erpac), Maurizio Boaro (componente cooptato effettivo) e Bruno Pascoli (componente cooptato supplente) - erano stati condannati a un anno e 4 mesi ciascuno. A tutti erano, poi, state riconosciute le attenuanti generiche, la sospensione condizionale della pena e la non menzione.

L’area del pozzo, liberata dalle transenne, nel giardino di palazzo Coronini-Cronberg teatro della tragedia che è costata la vita a Stefano Borghes Foto Roberto Marega
L’area del pozzo, liberata dalle transenne, nel giardino di palazzo Coronini-Cronberg teatro della tragedia che è costata la vita a Stefano Borghes Foto Roberto Marega

Un pozzo a rischio in un parco pubblico

«A fronte della presenza di un pozzo, posto in un parco aperto al pubblico, nessuno dei membri della Fondazione deputati all’amministrazione, ciascuno di essi ricoprenti la qualifica di datore di lavoro, aveva ritenuto di segnalare all’interno del Dvr (il Documento di valutazione dei rischi, ndr) la fonte di rischio in questione».

la tragedia
Precipita e muore a 13 anni nel pozzo durante una caccia al tesoro a Gorizia
Stefano Borghes e il luogo della tragedia (Bumbaca)

Struttura in stato di degrado

Non solo. Lo stato di degrado del pozzo, sia estetico sia statico, «era evidente». La sentenza chiarisce anche il ruolo del Curatorio.

I difensori hanno sempre sottolineato come questo organismo svolgesse funzioni di carattere amministrativo di natura esclusivamente culturale e legata all’attività del Museo e, pertanto, non avesse alcun ruolo operativo.
 

«Ma tali considerazioni - si legge testualmente nella sentenza - si scontrano, inevitabilmente, con il dettato dello Statuto e con il contenuto delle delibere assembleari del Curatorio, il quale aveva potere di deliberazione a maggioranza sia in merito ad interventi strutturali e di manutenzione, sia all’autorizzazione delle spese, sia rispetto alle assunzioni di personale».

Da qui, la sua responsabilità e la condanna conseguente. «Pertanto, che i membri del Curatorio non fossero a conoscenza dell’adozione del Dvr integra una sostanziale ammissione di colpevolezza, giacché l’obbligo di adottare detto documento discende dalla legge e non è di competenza delegabile da parte del datore di lavoro».

Il ruolo degli amministratori

Viene anche precisato il ruolo dell’ex assessore regionale Tiziana Gibelli, poi condannata. «La delega conferita alla Del Bianco a decorrere dal mese di dicembre 2018 riguardava esclusivamente la partecipazione alle riunioni dell’assemblea, non essendovi alcuna indicazione diversa». Non era, insomma, una “delega di funzioni” e, quindi, «non può considerarsi idonea a trasferire alcune delle posizioni di garanzia gravanti sul datore di lavoro».

Morto nel pozzo a Gorizia, il sindaco Ziberna dopo la condanna: «Nulla potevo fare per scongiurare la tragedia»
L'aula del tribunale (Marega)

Inerzia della gestione

Altro passaggio-chiave: «La gestione della Fondazione era rimessa ad una prassi approssimativa in cui, di fatto, i singoli membri avevano abdicato ai poteri che lo Statuto attribuiva loro». «Risulta che il parco - si legge ancora - fosse frequentato dal pubblico in assenza di controlli. Tale circostanza dipende, ancora una volta, dall’inerzia dell’organo gestorio della Fondazione, il quale aveva ritenuto di garantire l’assoluta libera accessibilità agli avventori, senza dettare una disciplina specifica per il pubblico, neppure nelle modalità di accesso», scrive il giudice Cristina Arban.

Copertura non adeguata

C’è anche un altro aspetto. Importante. «L’unico modo efficace per evitare l’evento sarebbe stato quello di dotare il pozzo di una copertura adeguata a supportare il peso previsto dalla normativa speciale (915 chilogrammi): copertura che andava assicurata ai bordi in muratura del manufatto, di modo da poter reggere una sollecitazione impressa dal peso umano, anche se aggravata da una maggiore forza nell’impatto rispetto a quella utilizzata nel caso di specie. Inoltre, la condotta del giovane non è stata affatto abnorme, trattandosi di un gesto di lieve appoggio al di sopra di una copertura che non consentiva di vedere all’interno, nella sostanziale impossibilità di percepire la profondità del pozzo, né l’instabilità della copertura, non essendovi alcuna segnalazione dell’entità del pericolo».

La responsabilità del curatorio

Sempre riguardo alle responsabilità del Curatorio, questo organismo «disponeva del potere di amministrare la Fondazione e il patrimonio immobiliare godendo tanto del potere di decisione quanto di spesa, e non vi era alcuna delega dell’organo collegiale a favore di nessuno dei componenti rispetto allo svolgimento di funzioni specifiche». 

RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo