Cosolini: «Il porto deve garantire lavoro a Trieste»

Il candidato sindaco del centrosinistra: Paoletti ha indicato Monassi alla presidenza seguendo solo una logica politica

Eccolo. Inconfondibile, nel cappottone lungo, con passo da plantigrado nel gelo siberiano delle Rive. Roberto Cosolini, candidato sindaco dei democratici nel Comune capoluogo, grosso come Ded Maroz, il "Babbo gelo" delle fiabe russe che porta i regali ai bambini, se ne va alla conquista della città intirizzita con un librone sottobraccio. È il registro di un paio di chili che ospiterà proposte e lamentele dei cittadini, e col quale da sabato andrà a esplorare i rioni di Trieste.

La bora era il Bacino San Giusto, spazza il Canale verso la chiesa dei serbi. Ed è proprio il mare che inquieta il Roberto che mira a succedere a Roberto (il Dipiazza naturalmente, decisissimo a giocare un ruolo forte nella successione). È lì, nel porto, la chiave di tutto. Della paralisi come dello sviluppo. È lì che si gioca la partita, non solo fra destra e sinistra, ma fra la città che vuole riaprirsi al "mar grando" e quella barricata nel "no se pol" per tutelare i privilegi di pochi. Dipiazza ha attaccato la cupola, nel suo stesso partito. Svelando il meccanismo di potere di una consorteria. Che ne pensa? Mah. Doveva pensarci prima. Fino a ieri hanno marciato a braccetto. E non credo che Dipiazza sarebbe stato la soluzione di tutti i problemi. Qui bisogna scegliere un manager di livello internazionale. Però ha rotto il silenzio. Ma ha dichiarato una cosa che non mi piace. Ha detto: avevamo la città in mano finché un signore non si è messo di mezzo... È una frase che fa pensare alle mani sulla città. Che ne pensa dei meccanismi elettivi della presidenza portuale? Il presidente della Camera di commercio Paoletti ha affermato di avere sottoposto la sua triade alle categorie.

E l'ha fatto secondo logiche politiche, non manageriali. Le categorie hanno accettato... Intanto quanti treni abbiamo perso? Qualsiasi idea per Trieste è legata al mare. C'è dell'altro naturalmente, ma è questa la base. Basta fiutare quest'aria per capire, ascoltare la bora che fischia nelle alberature delle barche. Trieste non ha un porto. Trieste è un porto. Questa equazione è fondamentale. Per cui? Per cui i problemi del lavoro vanno risolti a partire da lì. La disoccupazione dilaga. Sono preoccupati tutti. Non solo i giovani, ma anche i padri di famiglia che hanno la nuora, la sorella, il nipote disoccupati. Dove sta il tappo? Vent'anni fa dicevano che era il monopolio dei portuali. Oggi i portuali non esistono più, la compagnia è scomparsa, ma il tappo esiste ancora. Vuol dire che la privatizzazione non ha risolto il problema. Negli ultimi vent'anni la storia del porto è stata quasi sempre storia di privilegi e di allontanamento del mercato vero. L'uso degli spazi per favorire i pochi a danni dei molti. Ma adesso c'è un piano regolatore. Il quadriennio Boniciolli ha consentito di sbloccarlo finalmente, dopo che il nodo che era stato lasciato volutamente irrisolto per consentire favoritismi. Ora ci sono meno margini di discrezionalità. E questo l'ha fatto un presidente sostenuto dai democratici. Sarebbe cosa buona che la città ne prendesse atto.

Qui non esiste un luogo della memoria legato al mare. È incredibile. Quello che è stato il porto di un impero fino a 90 anni fa, non ha un luogo dove celebrarsi. E la pescheria, costruita per essere il luogo del mare, è lasciata quasi vuota. Qui esistono montagne di memorie sparse, ma non esiste un luogo dove raccoglierle. È caduto il confine, ma ora ci hanno chiuso il mare. Vero. In un luogo dove non serve più il passaporto per passare la cortina di ferro, hai bisogno dei documenti per entrare in porto. Siamo tagliati fuori. Anche le rive con la nuova viabilità hanno separato Trieste dal suo elemento. Professionalità straordinarie vengono espulse. Mi dica, perché un maestro d'ascia deve trovare spazi a Monfalcone e non qui da noi? E chi rompe i monopoli viene sabotato... Vedi quello che è successo a chi vent'anni fa ha osato contrapporsi alla Fiat... Oppure gli attentati contro gli olandesi della Ect, costretti ad andarsene. O la cordata messa su dai capodistriani con Cattaruzza e Pacorini per la gestione dello scalo legnami, bloccata al grido di "non passa lo straniero"... Sempre lo stesso meccanismo.

E intanto il mondo cambia. Non sappiamo ancora dove ci porterà il disastro libico, per non parlare degli scenari nuovi sul Canale di Suez. Quello che sappiamo è che nasce una macro-regione danubiana nella quale il governo di Roma non ha voluto farci entrare, senza pensare che quello spazio attirerà stanziamenti Ue non da poco fino al 2020. Poi è debole il ruolo della Regione, debole anche la classe dirigente triestina che ha quasi totalmente snobbato i fondi europei, per incapacità di pensare in grande.

Lei cosa farebbe? Metterei in cantiere a razzo gli investimenti previsti dal piano regolatore portuale. Raddoppio del Molo VII e piattaforma logistica. Andrei come un panzer dalle Ferrovie a chiedere la razionalizzazione dei nodi che bloccano le merci. Ma lo sa la gente che basterebbe intervenire sull'esistente con poca spesa per quintuplicare il traffico e arrivare a un milione di container l'anno? E poi? Vorrei ricuperare l'area retro-portuale di Fernetti, parzialmente anche in regime di punto franco, per evitare gli ingorghi indecorosi cui abbiamo assistito in questi giorni. Poi ragionare con Monfalcone in termini di porto unico. Infine liberalizzerei il trasporto ferroviario, chiamando altri gestori a concorrere con Trenitalia. Vigilando che eventuali società a partecipazione regionale non lavorino solo nell'interesse delle industrie dell'Alto Friuli.

Arriva lei e cambia tutto? Non esageriamo. Ma mi batterei per Trieste, non per gli amici degli amici. Su questo garantisce il passato. Gli unici momenti di resistenza all'immobilismo li hanno espressi i democratici. Prima con Illy e la sua opposizione alla Monassi, e poi con Boniciolli. Un uomo ruvido forse, ma è servito a far pulizia e ha riportare i conti in attivo.
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