Covid -19: un anno dopo. I dati della pandemia in FVG a confronto con quelli del 2020

Dall’effetto dei vaccini ai numeri di decessi, ricoveri e ospedalizzazioni: ecco cos’è cambiato e quanto influisce il “caso Trieste”
Daniele Tempera
A woman wearing a surgical mask walks in an empty street in Trieste. To contain the spread of the coronavirus, as the death toll continues to rise, Italy has implemented drastic measures throughout the whole country. All non essential commercial activities as well as school, universities, theatres and cinemas have been shut down and people are urged to stay at home. Trieste, 13th of march 2020. (Photo by Jacopo Landi/NurPhoto via Getty Images)
A woman wearing a surgical mask walks in an empty street in Trieste. To contain the spread of the coronavirus, as the death toll continues to rise, Italy has implemented drastic measures throughout the whole country. All non essential commercial activities as well as school, universities, theatres and cinemas have been shut down and people are urged to stay at home. Trieste, 13th of march 2020. (Photo by Jacopo Landi/NurPhoto via Getty Images)
 
È passato un anno, anche se sembra ieri. Lo scorso 4 novembre l’epidemia di Covid-19 tornava a mordere e l’allora governo Conte decideva di adottare di nuovo misure straordinarie per contenere l’epidemia. Chiudevano, a tempo indeterminato, centri sportivi, cinema, teatri, musei, sale giochi e scommesse, nei bar e ristoranti si poteva andare solo fino a una certa ora, almeno in zona gialla. L’Italia veniva segmentata in tre differenti zone con diverse limitazioni e lo Stivale assomigliava sempre di più a un gigantesco semaforo di divieti: primo fra tutti quello del coprifuoco, per tutti, alle ore 22. 
 
Finita l’illusione estiva di essersi lasciati finalmente alle spalle la pandemia, ci si riscopriva tutti fragili di fronte a un nemico invisibile che sconvolgeva esistenze e stili di vita. Una lotta combattuta con strumenti antichi: distanziamento sociale e quarantene.  Non c’erano ancora vaccini efficaci, né Green Pass e non esisteva nessun dibattito tra pro e no-vax, almeno per quanto riguarda il Covid-19. Cos’è cambiato a distanza di un anno? Per averne un’idea abbiamo messo in relazione i dati di fine estate - autunno 2020 e quelli del 2021 in Regione.
 
 
A prima vista, fino ai primi di ottobre di quest’anno, si registrano più contagi in Regione rispetto al 2021. Una tendenza che si inverte solo a metà ottobre quando la curva dello scorso anno cresce vertiginosamente, mentre quella di quest’anno si mantiene, seppur in crescita, all’interno di limiti accettabili. Ma è davvero così? Davvero fino a metà ottobre il virus circolava di più nonostante i vaccini? 
 
Se la pandemia ci ha insegnato qualcosa è di dubitare dei numeri assoluti. Il numero di contagi è infatti una variabile dipendente dal numero di tamponi effettuati. Osservando il rapporto percentuale fra queste due grandezze abbiamo sicuramente un quadro più fedele di come si muove la pandemia.
 
 
Se si osserva il grafico sopra ci si accorge che il rapporto rimane con poche differenze fino ai primi di ottobre: poi le due curve si separano decisamente. “Il presupposto fondamentale è che quest’anno ci sono i vaccini, a fronte di positività che continuiamo a rilevare ci sono molto meno malati: finora abbiamo il 10% dei casi dell’anno scorso su scala nazionale, quindi una riduzione molto notevole” ricorda Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione dei Microbiologi clinici italiani che aggiunge: “C’è poi da dire una cosa: non parliamo della stessa malattia. La capacità di trasmissione del virus primordiale era 1:2. Un infetto dalla variante Delta può contagiare altre 6 persone, con la Delta+ addirittura 10. Questi nuovi ceppi non danno origine a malattie più gravi, ma sono molto più virulenti. Quest’anno il rischio di prognosi sfavorevole si annulla però con la vaccinazione, cosa che l’anno scorso non avveniva”. E anche i dati dei contagi sono evidenti: l’8 novembre del 2020 il rapporto tra tamponi e nuovi contagi toccava il 12.4%, oggi siamo a 3.9%.
 
Ma è indubbio che esista, in Italia un “caso Friuli Venezia Giulia” e, ancora più in particolare, un “caso Trieste”. A Nord-Est virus sembra muoversi molto più velocemente rispetto al resto d’Italia, una dinamica osservabile se si guarda alle percentuali tra tamponi e nuovi positivi, tra la Regione e il resto del Paese.
 
 
Ed è altrettanto indubbio che, all’interno della Regione ci sia un vero e proprio caso legato all’impennata di contagi nel triestino.
 
 
Come si intuisce dal grafico sopra, da ottobre in poi la crescita percentuale dei contagi a Trieste non è paragonabile con l’andamento della Regione, né con quello del resto d’Italia. Dati sulle quali potrebbero incidere più variabili, e non solo quelle (più scontate) dei cortei “No Green Pass” e del tasso di vaccinazione. “Il motivo è sicuramente legato al tasso di vaccinazioni più basso rispetto al resto d’Italia e alle manifestazioni degli ultimi giorni. Si tenga presente però che a Trieste ci sono anche molte persone provenienti dall’est Europa che o non sono vaccinate, o sono vaccinate con vaccini russi o cinesi (Sputnik e Sinovax) che sappiamo avere una bassa risposta immunologica contro i nuovi ceppi di Covid” sottolinea Pierluigi Clerici. 
 
E il tasso di vaccinazione nella Regione, è effettivamente alto per gil ultraottantenni, ma inferiore alla media nazionale per tutte le altre categorie, soprattutto per quanto riguarda i giovani, che si dimostrano più scettici nei confronti del vaccino. Tra i 50 e i 59enni, in particolare il tasso di immunizzazione è di cinque punti in meno rispetto alla media nazionale. 
 
 
Ma è indubbio che i vaccini abbiano contribuito, in maniera fondamentale, in questa ultima parte del 2021 a ridurre l’impatto del Covid19, anche se in maniera minore rispetto al resto d’Italia. Per accorgersene è sufficiente guardare alle ospedalizzazioni e ai ricoveri in terapia intensiva. 
 
 
 
Da ottobre il tasso di ricoveri e occupazione di terapie intensive,malgrado stia cominciando a risalire costantemente, non è minimamente paragonabile con quello dell’anno scorso, una variabile originata sempre dalla stessa premessa. “La vaccinazione non impedisce l’infezione, ma la malattia. Se io sono vaccinato e il virus transita da me per qualche ora (perché gli anticorpi devono avere il tempo di attivarsi) io posso trasmetterlo ad altri. Il problema è che se non sono vaccinato l’infezione darà più plausibilmente una malattia severa o grave, con il vaccino questo non avviene se non molto raramente come i dati dimostrano” ricorda Clerici. 
 
E l’impronta della campagna vaccinale si vede anche sulla percentuale di vittime registrate dal primo settembre per entrambi gli anni, anche se, anche in questo caso, in modo nettamente inferiore rispetto al resto del Paese.
 
 
La percentuale di decessi per Covid si impenna decisamente a fine ottobre 2020 mentre tende a crescere in maniera meno decisa, anche se purtroppo sostenuta, quest’anno. Merito anche in questo caso dei vaccini. Un’evidenza che fa spingere le autorità ad accelerare sulle terze dosi: “ Per le persone senza particolari problematiche o patologie è un richiamo, come avviene per altri vaccini, ovvero un completamento del ciclo vaccinale. Il virus circola ancora in maniera importante ed è essenziale continuare a proteggersi alzando il numero di anticorpi, anche perché non abbiamo dati al momento su quanto dura l’immunità- ricorda Clerici- Dobbiamo dire che la somministrazione della terza dose è essenziale anche per evitare la comparsa delle varianti: con una somministrazione aggiuntiva abbiamo più immunizzazione e una risposta più efficace. Inoltre i vaccini utilizzati sono a mRNA messaggero (Pfizer e Moderna) molto meno soggetti a essere ‘bucati’ dai nuovi ceppi del virus. Se vogliamo chiudere la partita con il Covid-19 dobbiamo andare avanti”. 
 

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