Cristiana Viduli, prima donna a capo della scuola edile di Trieste: «Pochi disposti al sacrificio»

La nuova guida di Edilmaster: «La carenza di personale? Pochi disposti al sacrificio. Porto Vecchio? Deve essere una risorsa»

Laura Tonero
Cristiana Viduli
Cristiana Viduli

Per la prima volta a guidare Edilmaster, la scuola edile di Trieste, c’è una donna. A succedere infatti ad Alessandro Settimo, che ha lasciato la presidenza dell’ente formativo, è Cristiana Viduli, rappresentante di Confartigianato e in generale del mondo artigiano, la cui designazione è stata frutto di un accordo congiunto tra la stessa Confartigianato, Ance e Cna. Viduli, consulente del lavoro, è responsabile per Confartigianato del settore paghe-sindacale.

L’attività di Edilmaster si concentra sulla formazione professionale nel settore edile, rivolta sia ai giovani in obbligo scolastico e formativo, sia agli adulti, con corsi per disoccupati, aggiornamento sulla sicurezza nei cantieri e specializzazioni tecniche.

Il settore dell’edilizia offre sicure opportunità di lavoro, eppure fatica a trovare personale, come voi a trovare iscritti. Da cosa dipende?

«Sono lavori che richiedono fatica, impegno, in estate e in inverno, con la pioggia e con l’afa, e poi necessitano di formazione, serve la gavetta insomma, mentre oggi in pochi sono disposti al sacrificio. Allo stesso modo si fatica a trovare falegnami, idraulici, marmisti, così sono a rischio delle nostre eccellenze. La società fa passare il messaggio diseducativo che bastano tanti follower per diventare ricchi, e questo trae in inganno molti giovani. Il nostro impegno per stuzzicare l’interesse per il mondo dell’edilizia non è facile».

Cantieri pubblici da milioni di euro sono rallentati e a rischio con i tempi imposti dal Pnrr per le difficoltà delle imprese appaltatrici.

«Oggi c’è una forte mobilità del personale, che cambia datore di lavoro con estrema facilità inseguendo chi offre di più. Cosi le ditte si ritrovano da un momento all’altro senza base occupazionale e non riescono a far fronte agli impegni presi, con ritardi nella consegna dei lavori e conseguenti penalità».

C’è una soluzione?

«Servirebbe la bacchetta magica, o forse solo un ritorno al passato. Serve da parte del personale maggiore umiltà, i piedi per terra, senza che nessuno si offenda se qualcuno chiede di portare un sacco di malta».

I bonus come il 110 hanno drogato il comparto?

«È stata una bolla, che adesso è scoppiata e ha messo tutti difronte alla realtà. I bonus hanno fatto arricchire alcune aziende e illuso altre. Premesso che gli interventi hanno certamente reso la città più gradevole, facendo risplendere molti palazzi, la misura ha, come ha detto lei, drogato il mercato. Senza contare chi ha trovato il metodi per fregare tutti e acquisire dei lavori senza farli ad opera d’arte. Alcuni hanno avuto importanti bilanci, certo, ma ora che la bolla è scoppiata si ritrovano a fare i conti con la realtà, in moltissimi casi dovendo ridimensionare l’organico, in altri casi anche chiudendo».

Le ditte hanno guadagnato, ma i cittadini ora si trovano con costi per gli interventi da capogiro.

«Perché una volta che i prezzi sono aumentati, anche per la guerra in Ucraina, anche se poi lo scenario cambia, non diminuiscono più».

Come si immagina Trieste tra 10 anni? Appartamenti più piccoli, il centro svuotato dai residenti e totalmente nelle mani del turismo?

«Non credo in uno stravolgimento. I triestini hanno un forte attaccamento alla città, cercheranno di conservarne il più possibile le sue peculiarità. Non eravamo pronti all’ondata del turismo, e ora credo serva dare servizi per consentire ai residenti di poter convivere al meglio con i turisti».

La partita del Porto Vecchio?

«Va giocata molto bene. Quegli spazi nella storia della città hanno rappresentato una grande risorsa, e serve gestire le cose affinché ritorni ad esserlo».

Come si muove una donna al vertice di un settore maschile?

«Non mi fa paura. Ho una formazione tecnica, sono pragmatica e con questa impostazione andrò avanti. Ho le spalle larghe, lo hanno già capito».

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