Croazia, 493 morti per Covid in 15 giorni

/ ZAGABRIA I numeri non smuovono il Quartier generale della Protezione civile della Croazia. E, di conseguenza, neppure il governo. Eppure non c’è di che stare allegri. Ma procediamo con ordine. Nelle ultime 24 ore nel Paese i nuovi contagi da Coronavirus sono stati 1. 313 a fronte di 4. 861 tamponi effettuati. Il calo delle infezioni è ovviamente legato anche al calo dei tamponi tipico dei giorni festivi. Ma se si esaminano i due dati (nuovi contagi e tamponi svolti) si vede che il 27% di coloro i quali si sono sottoposti al test è risultato positivo, quindi quasi uno su tre.
Ma quello che fa rabbrividire, ovviamente inserito in una realtà che ha poco meno di 4 milioni di abitanti, è il numero dei morti che anche nelle ultime 24 ore ha superato le 30 unità assestandosi a quota 33. Dallo scoppio della pandemia nella primavera scorsa a oggi in Croazia sono morte per Covid-19 complessivamente 1. 049 persone, ma di queste ben 493 sono venute a mancare nel periodo che va dall’uno al 15 novembre, pari al 47% dei deceduti complessivi. Numeri che dovrebbero far riflettere il ministero della Salute croato sulla reale efficienza degli ospedali che, complice il sovraffollamento e la pesante mancanza di infermieri e medici vittime a loro volta del contagio, non riescono ad operare al meglio.
Eppure la vice ministra Marija Bubaš ieri non ha battuto ciglio. «Ci sono meno casi oggi (ieri ndr.) rispetto a lunedì di una settimana fa – ha detto – possiamo parlare di crescita lenta. Ci sono meno casi in molte contee, ma non direi che è un successo particolare perché è ancora lunedì e ci sono meno test durante il week end». «Aspettiamo questa settimana – ha aggiunto Bubaš – in modo da essere più sicuri se sarà necessario adottare nuove misure. Aggiungerei che siamo in contatto con le contee ad alto tasso di incidenza del virus». Parole che trovano conferma in quelle del vicepremier Davor Božinović, il quale ha spiegato che «se questa settimana non vediamo l’inizio della tendenza alla diminuzione dei nuovi contagi, prenderemo in considerazione alcune nuove misure». «Non ne parlerei specificamente in questo momento – ha aggiunto – possono fare riferimento a un’ulteriore limitazione del numero di persone alle riunioni, possibile abbreviazione del lavoro di alcune attività, possibilità e obbligo di lavorare il più possibile da casa, lavoro a turni. . . ». Dunque se ulteriori norme restrittive ci saranno queste riguarderanno il divieto di riunione in luogo pubblico e privato delle persone, l’orario di apertura di bar e ristoranti e l’avvio di uno smart working più massiccio nel sistema produttivo del Paese.
Anche in Slovenia domenica scorsa c’è stato un notevole calo di nuovi contagi, ma anche qui a fronte di minori tamponi effettuati. I numeri comunicati dal portavoce del governo Jelko Kacin parlano di 501 nuovi infetti dopo l’effettuazione di 1. 792 tamponi. Anche in Slovenia, come in Croazia, il tasso dei nuovi contagiati è molto alto e sfiora l’uno su tre dei testati, assestandosi al 28%. E il governo ha prolungato di 30 giorni lo stato di epidemia nel Paese.
Ma quel che preoccupa di più l’esecutivo sloveno per la tenuta del sistema sanitario nazionale messo, in queste ore, a durissima prova, è il numero dei ricoverati che ieri ha toccato quota 1. 264 con 207 di questi in terapia intensiva. Alti, trentaquattro, anche i decessi. I casi attivi sono 19. 325. E dopo l’ospedale di Murska Sobota anche quello di Celje non ha più posti letto liberi per malati da Covid-19.
Il direttore della clinica universitaria Golnik, Aleš Rozman ha richiamato l’attenzione anche sui pazienti bisognosi di cure mediche perché affetti da altre patologie e sui dati relativi al numero di morti. «Non so perché le misure dovrebbero essere allentate mentre abbiamo, al momento, una delle peggiori situazioni al mondo per quanto riguarda il Covid-19», ha precisato Rozman.
E mentre un gruppo di giovani medici e ricercatori si sta impegnando nel Paese anche nella lotta alle fake news sul coronavirus che circolano in rete in Slovenia realizzando a tale scopo alcuni brevi cortometraggi, un sondaggio effettuato dall’agenzia Velicon svela che il 50% degli sloveni non ha intenzione di farsi vaccinare contro il Covid-19 quando il rimedio sarà disponibile.
Da ieri tutti i negozi con prodotti non essenziali nel Paese sono chiusi, i negozi di alimentari rimangono aperti, ma i supermercati hanno dovuto togliere dagli scaffali vestiti, calzature e articoli tecnici. Niente bus e niente treni nelle stazioni, circolano i taxi, ma solo quelli che garantiscono la sanificazione dell’abitacolo dopo che il cliente è sceso dall’auto pubblica e prima di farne salire un altro. –
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