Da Rolando a Carlo, le gesta di paladini e re incantano il Verdi

TRIESTE. Antiche gesta di re, di papi e di cavalieri. Tutti realmente esistiti. L’intreccio andato in scena ieri mattina al Teatro Verdi ha fatto collezionare un nuovo pienone alle Lezioni di Storia, quest’anno dedicate ai volti del potere. A idearle come sempre gli Editori Laterza, con la promozione del Comune, il contributo della Fondazione CRTrieste, la sponsorizzazione di Trieste Trasporti e la media partnership del Piccolo.
Lo storico Alessandro Vanoli, introdotto dal giornalista del Piccolo Roberto Covaz, ha fatto rivivere Carlo Magno e al contempo le cronache di Eginardo, biografo di corte del sovrano. Quella che s’incontra sul finire dell’ottavo secolo è un’Europa in perfetto stile “Trono di spade”: «Sembra che la natura si sia ripresa il mondo, tra boschi e strade romane ormai in rovina – ha esordito Vanoli –. Per Paolo Diacono il silenzio degli animali e degli uomini è opprimente. A sud una nuova invasione islamica sta cambiando la geografia del Mediterraneo. A est Bisanzio sta bene solo formalmente. A nord strane cose si muovono: i nomadi delle steppe corrono dalla Mongolia alla Danimarca, i Vichinghi navigano verso l’Islanda».
Nel frattempo, alla corte dei Franchi, prefetti e maggiordomi consumano intrighi di palazzo. Nel 768 sale al trono Carlo, che in breve tempo tramite la guerra riporta un po’ di «ordine in un mondo complicato. Fa innanzitutto i conti con i Longobardi. Si muove con 10 mila soldati: per l’epoca un esercito imponente. Il conflitto più violento è quello contro i Sassoni pagani, che per decenni non accettano di essere sconfitti. Carlo distrugge prima i loro simboli e poi le loro vite: ne decapita e sgozza a migliaia. Alla fine sul campo vince il più forte ma i vecchi culti sopravvivono sotto mentite spoglie, negli spazi sterminati del Nord: gli alberi ora sono consacrati a santi e non più a demoni, i riti legati alla fertilità finiscono per coincidere con la Pasqua». E così via. Da citare il paladino Rolando ucciso dai ribelli Baschi, mentre le forze carolinge tentano la traversata dei Pirenei per intervenire in una diatriba interna al mondo arabo spagnolo.
«Infine il potere di Carlo. Militarmente è il padrone d’Europa. Alla forza si unisce la regalità, ereditata dai Merovingi: il sovrano è unto dal Signore, come nella Bibbia. Sotto di sé ha una complessa rete di rapporti vassallatici: giuramenti fatti davanti a Dio, da persone che vivono la religione come un dato tangibile».
È in questo contesto che, la notte di Natale dell’800, Carlo è incoronato imperatore da papa Leone III: «Un farabutto dedito a piccole truffe, che chiama il sovrano a Roma per farsi difendere da una ribellione». «A Carlo non piace, ma deve gestirlo – ha aggiunto lo storico –: esistono entrambe le figure istituzionali. Diventa così imperatore ma è difficile dire chi vince: prima i re non necessitavano del riconoscimento papale. Al contempo nasce l’idea dei due corpi del re, alla base dello Stato moderno. Quando Carlo muore, nell’814, non può immaginare simili conseguenze. Il suo corpo mortale viene sepolto ad Aquisgrana. Quello regale vivrà per sempre».
Il prossimo appuntamento è il 19 gennaio, con Maria Giuseppina Muzzarelli e Caterina da Siena. Sempre alle 11 e sempre al Verdi.
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