Da truffato a indagato per contrabbando

Giuseppe Oppenheim aveva venduto orologi, pagati con soldi falsi. La Finanza vuole fare chiarezza sui cronografi sottratti
Di Claudio Ernè e Corrado Barbacini

Da vittima di una clamorosa truffa a indagato per contrabbando.

Non c’è pace per Giuseppe Oppenheim, socio dell’orologeria «Dobner», la più antica e prestigiosa della città. A ottobre tre uomini (tra cui un nano nascosto all’interno di un mobile) erano riusciti ad impadronirsi con l’inganno di un alcuni esemplari di Patek Philippe (considerati la Rolls Royce degli orologi - cronagrafi) in cambio di mazzette composte al 99 per cento da banconote poi risultate false. La transazione era avvenuta in una sala riservata dell’hotel Impero, affittata per definire l’affare lontano da sguardi indiscreti.

Ieri i finanzieri del nucleo di polizia tributaria si sono presentati nel negozio di via Dante dove per anni e anni sono esposti in vetrina - unica della città - proprio i Patek. Hanno esibito il decreto di perquisizione firmato dal pm Massimo De Bortoli e hanno iniziato il loro lavoro.

Nello stesso momento altre pattuglie della Tributaria si sono presentate, esibendo lo stesso decreto, negli altri due negozi riconducibili alla famiglia Oppenheim in città. In via Mazzini e in via Roma. E in un terzo a Gorizia in Corso Italia. Le perquisizioni poi si sono estese anche alle abitazioni private del commerciante truffato.

Questi “blitz” che non sono sfuggiti agli occhi dei passanti e degli altri negozianti, costituiscono l’atto finale di una inchiesta avviata dal pm De Bortoli proprio all’indomani dell’emersione pubblica della notizia della truffa subita all’hotel Impero denunciata dallo stesso Giuseppe Oppenheim. La Guardia di finanza ha voluto fare chiarezza assieme alla Squadra mobile proprio sulla provenienza dei cronografi sottratti allo stesso gioielliere. Da dove sono arrivati, con quali fatture? Perchè il pagamento di un milione di euro, poi con banconote risultate fasulle, è avvenuto in gran segreto e non attraverso bonifici bancari o altri strumenti ufficiali di trasazione commerciale? Così in breve molti telefoni sono stati intercettati per riuscire a tracciare una mappa precisa dei passaggi di mano dei Patek Philippe che escono col contagocce fin dal lontano 1923 dalla “maison” svizzera posta nella Valée de Joux vicino a Ginevra.

Il giorno della truffa per essere certo della regolarità del pagamento degli orologi ceduti a all’interno dell’hotel Impero, Giuseppe Oppenheim si era fatto assistere dal direttore di una banca dell’Altipiano a cui si era affiancato un esperto e fidato cassiere. Avrebbero dovuto controllare che le mazzette che passavano di mano non fossero contraffatte. Lo avevano fatto con solerzia senza però accorgersi che era sempre la stessa mazzetta a passare per le loro mani, prima di essere riposta in un cassetto del mobile all’interno del quale era nascosto il nano. Non è chiaro per quante volte abbiano compiuto lo stesso errore: «Buona», «perfetta», «vera», uscita dal Poligrafico. «Siamo in una botte di ferro». «Pagamento concluso». Ma purtroppo i due bancari non si erano accorti che i numeri di serie erano sempre gli stessi.

Poi quando si è avviata la seconda verifica delle mazzette, il terzetto era ormai lontano e nella loro capiente borsa c’erano anche i Patek Philippe, ora al centro di due indagini. Quella della Mobile sulla truffa e quella della Finanza sul contrabbando.

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