Dai dipinti ai libri rari I tesori persi dalla città

Un museo scompare a Trieste e riappare a Vercelli. All’insaputa di tutti. Tipico di una città carsica. È il caso della Farmacia Picciòla. Solo l’ultimo di una serie di scippi culturali avvenuti sotto il naso, nell’indifferenza e ignoranza delle istituzioni locali. Trieste, la città delle collezioni perdute.
Nel 1996 finiscono a Palazzo Massari di Ferrara 26 olii, 5 acquerelli, 75 disegni di Filippo de Pisis della collezione del notaio Manlio Malabotta. Più di 200 opere. Ci sono anche i de Pisis appartenuti a Umberto Saba, Leonor Fini, Giovanni Comisso. A Trieste non era stata trovata una sede permanente - il Revoltella per esempio - dove esporre la più importante e completa collezione del “marchesino pittore”. Un lascito invidiato persino dai francese. «Dopo quanto è accaduto con i de Pisis sono andata in depressione, in nome di mio marito volevo solo donare le opere a Trieste, da lui molto amata, chiedendo che non finissero in un deposito museale» racconta nel 2005 la signora Franca Fenga Malabotta. Nel 2008 la seconda perdita: altre opere oltre alla biblioteca di 13mila volumi del notaio Malabotta finiscono in dono alla Fondazione Cini di Venezia assieme a un cospicuo nucleo di grafica di pregio che annovera disegni di de Pisis, sculture di Arturo Martini, litografie e libri d’arte di Virgilio Guidi, Aligi Sassu, de Pisis, acqueforti di Carrà. «In città non si è creato un clima di entusiasmo», annota Franca Fenga Malabotta.
Nel 2013, invece, finisce a Udine un pezzo di Trieste. La vedova dell'artista Carlo Sbisà, Mirella Schott, dona ai Musei civici di Udine i cartoni degli affreschi di Galleria Protti (Lavoro costruttivo e Dopolavoro e ricreazione, entrambi del 1937). A suo tempo Mirella Schott aveva proposto la donazione dei cartoni al Comune di Trieste, chiedendo in cambio che le opere fossero esposte. Ma dopo un impegno di massima la questione si era arenata. Così mentre il Comune di Trieste non si era fatto più sentire, quello friuliano aveva subito predisposto la delibera.
Nel 1976 la biblioteca stendaliana di Bruno Pincherle (2758 volumi) finisce a Milano ad affiancare il Fondo Bucci alla Biblioteca comunale. Nella collezione ci sono anche documenti d’epoca e un cimelio collegato a Stendhal. L’archivio comprende anche gli interventi tenuti da Pincherle al Consiglio comunale di Trieste e il suo epistolario.
Nel 1986 finisce a Firenze alla Fratelli Alinari l’archivio Wulz, opera di una delle più longeve dinastie di fotografi a livello europe, e comprendente il fotomontaggio «Io+gatto» di Wanda Wulz, una delle immagini più famose della storia della fotografia. Qualche anno più tardi Alinari acquisì anche l' archivio Pozzar.
C’è poi la diaspora letteraria. L’ultimo è stato Claudio Magris che ha annunciato la donazione dei suoi manoscritti al prestigioso Centro di Pavia creato da Maria Corti. Prima di lui l’hanno fatto Umberto Saba, Giani Stuparich, Scipio Slataper e Virgilio Giotti. Solo Italo Svevo è rimasto a Trieste. Ma c’è anche il caso di Fulvio Tomizza: l’intero corpus della sua opera, epistolario compreso, è finito in Svizzera all’Archivio Prezzolini di Lugano. Ha rischiato di dire addio a Trieste anche l’archivio artistico di Lelio Luttazzi . Alla fine è dovuta intervenire la Biblioteca statale Stelio Crise, che un anno fa ha inaugurato lo “Studio Luttazzi”.
Nel 2008 la Fondazione CrTrieste ha salvato la collezione di dipinti «Arte e industria» della Stock (con opere di Guttuso, Annigoni e De Chirico) che stava per essere battuta alla «Stadion» e quindi finire dispersa. Come è avvenuto, invece, qualche mese fa per le opere di Bruno Chersicla.
Non si hanno notizie della collezione d’armi antiche di Giorgio Irneri, che deriva dalla collezione de Galati “persa” nel 1964 dal Comune per 7 milioni di lire. La collezione è conservata nella villa di via Bellosguardo e potrebbe trovare una collocazione al Castello di San Giusto. Nel 2012 l’erede, Donata Irneri, si era detta pronta a donarla al Comune. «Nessuno si è più fatto vivo dal Comune, e a questo punto sto pensando di lasciarla a Udine o a Firenze» dichiara nel 2013.
Come scrivevano Angelo Ara e Claudio Magris, «Trieste è un ripostiglio del Tempo che è un Grande Rigattiere che trasforma le corone di alloro in foglie secche e la gloria in cianfrusaglia». E le collezioni in colazioni da Tiffany.
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