Dal Friuli in Argentina 140 anni fa il primo esodo

CORMONS
Francesco aveva 50 anni, la moglie Caterina dieci in meno, i figli Pasca, Anna, Elisabetta e Domenico rispettivamente 13, 9, 4 e 2 anni. Erano una delle 18 famiglie che il 7 novembre 1878, esattamente 140 anni fa, partirono dall’allora austriaca Cormons per andare a cercare fortuna in Argentina, dove arrivarono il 28 dicembre 1878 al termine di una traversata lunghissima, che li portò dal Vecchio al Nuovo Mondo, e dal freddo autunno europeo alla calda estate sudamericana. Un tragitto che, una volta giunti a Buenos Aires, non sarebbe terminato: loro non lo sapevano ancora, ma la meta sarebbe stata quel lembo di terra che oggi è una città di 23 mila abitanti, Avellaneda.
In tutto i cormonesi partiti dalla stazione ferroviaria in quel lontano giorno di novembre furono 99: facevano parte di un più nutrito gruppo di 134 persone provenienti dall’area del Collio, allora Impero asburgico, e furono di fatto i fondatori di quella che all’epoca era solo una colonia, mentre oggi è una delle principali realtà economiche e sociali della provincia di Santa Fé.
A rispolverare le loro storie è stato lo storico Tarcisio Cecotti: a breve pubblicherà sui Quaderni del Quarin, la rivista annuale dell’associazione cormonese “Amis da Mont Quarine”, l’incredibile vicenda dei pionieri partiti da Cormons per creare una città dall’altra parte del mondo. «Fondamentale per la ricostruzione dei fatti è stato il libro “Avellaneda nel tempo” del professor Victor J. Braidot – racconta Cecotti – nel quale c’è anche l’elenco dei primi pionieri arrivati in quel luogo, diviso per gruppi familiari. C’è il nome, il cognome, la nazionalità, lo stato civile e l’età ma non c’è la provenienza. Dal 18 gennaio al 28 aprile 1879 nella colonia di Avellaneda, sono arrivate un migliaio di persone, la maggior parte di nazionalità austriaca e qualche italiano. Siccome in quel tempo Cormòns era sotto il dominio asburgico, ho pensato di verificare se fra questi austriaci ci fossero anche dei cormonesi. Consultando i registri anagrafici parrocchiali, sono state individuate ben 18 famiglie per un totale di 99 persone emigrate».
Chi organizzò e fece da capo-spedizione a quell’incredibile avventura fu sempre un cormonese, Emidio Zuccheri, che abitava in via Udine con la moglie Caterina Leghissa. Scorrendo la lista di chi partì verso il Sudamerica, ci sono dei Brandolin, dei Nardin, dei Cucit, dei Fain, cognomi chiaramente cormonesi: e tra le attività economiche che oggi si possono scovare ad Avellaneda ci sono cognomi altrettanto riconducibili alle nostre terre, come la farmacia Marega o il meccanico Lenarduzzi, solo per citarne alcuni. L’80% dell’attuale popolazione di Avellaneda de Santa Fé discende infatti da migranti di origine italiana: i primi tra loro arrivarono in città navigando il fiume Paranà, dove si trovavano terre libere coltivabili: «Per le strade di Avellaneda – ricostruisce al nostro giornale l’assessore goriziano alle Politiche sociali e alla famiglia Silvana Romano, che ha seguito in prima persona i progetti di amicizia tra il nostro territorio e quello argentino – si parla ancora un friulano arcaico, e anche la radio è in marilenghe». —
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