Dall’Etiopia a Trieste, il “miracolo” di Sam

In Etiopia era un eremita forzato, un bambino impossibilitato a giocare, andare a scuola, vivere normalmente a causa di una rara malattia invalidante. Oggi, dopo essere arrivato nel centro di accoglienza di via Valussi ed essere stato operato al Burlo Garofolo, può finalmente assaporare quel mondo a lungo precluso. È la storia di Sam (il nome è fittizio), un dodicenne etiope che grazie agli sforzi della Fondazione Luchetta, Ota, D’Angelo e Hrovatin e del Centro aiuti per l’Etiopia onlus ha trovato a Trieste un nuovo inizio.
Il bambino era vittima di una grave anomalia dell’apparato muscolo-scheletrico e genito-urinario, caratterizzata dalla mancanza sia della porzione inferiore della parete addominale sia della parete anteriore della vescica e dell’uretra. Racconta la madre: «Fin da piccolo, Sam non ha mai avuto una vita normale, perdeva di continuo pipì e io avevo sempre le mani nell’acqua per tenere pulito lui e lavargli i vestiti. Ho provato a mandarlo a scuola, ma in quelle condizioni l’hanno rifiutato. Nessuno ci ha dato un aiuto, né il governo, né il servizio sanitario. Solo qualche anno fa il Comune di Gondar, la nostra città, ci ha dato una casa. Nel 2007 le sue condizioni si aggravarono e lo portai nell’ospedale statale, da dove però lo rimandarono indietro dicendomi che non potevano fare niente».
Ed è sempre in Etiopia che, come spiega il referente Fvg del Centro aiuti per l’Etiopia, Rocco Surace, «pare che qualcuno si sia approfittato della tragedia, lanciando un appello-web per una raccolta di fondi falsa, poi denunciata e scoperta dalla polizia etiope». Dopo quest'episodio, però, la storia di Sam e della sua famiglia è stata notata dal Centro, che il 27 agosto scorso ha portato la mamma e il bambino a Trieste, dove sono ospiti della Fondazione nella sede di via Valussi.
Qui Sam ha subito un complesso intervento eseguito dal primario del reparto di Chirurgia e urologia pediatrica, il professor Waifro Rigamonti: l’esito è stato positivo e per il bambino è iniziata una nuova vita. Dovrà seguire sempre prescrizioni particolari, ma ora è un ragazzino come gli altri. Ed è proprio per insegnargli la condotta di vita da seguire una volta tornato a casa, che Sam è ancora ospite della Fondazione (insieme ad altri 31, fra bambini, con patologie differenti, ed i loro familiari), dove ha imparato anche ad usare internet e ad andare in bicicletta. Al Burlo, dove si reca abitualmente per i controlli sanitari, tramite il progetto “Scuola in ospedale” sta prendendo lezioni di chitarra e italiano. Sam ha parlato con i responsabili media della Fondazione, che in un comunicato trasmettono la sua gioia: «Adesso sono tanto contento. Di quest’operazione avevo paura, ma sapevo anche che era l’unica cosa che potessi fare. Ora potrò giocare a calcio e andare a scuola. E da grande voglio fare il medico».(g.tom.)
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