Daverio con Sant’Elia fa il “tutto esaurito”

Un visionario entusiasta, sempre alla ricerca della nuova frontiera, con una matita tra le dita all’Accademia di Brera o imbracciando un fucile sul Carso, dove trovò la morte nel 1916, a soli 28 anni, nella trincea di Quota 85. È il ritratto di Antonio Sant’Elia che esce dall’intervento del celebre critico d’arte Philippe Daverio, protagonista dell’evento di chiusura del Salone internazionale architettura restauro & paesaggio ospitato dalla Galleria comunale d’arte di piazza Cavour. La figura dell’architetto soldato ha fatto da perfetto trait d’union tra il tema del salone e le celebrazioni del Centenario della Grande guerra, con Daverio che ha ricostruito meticolosamente il contesto storico, e con esso il pensiero e gli impulsi del giovane comasco, autore, nel 1914, del Manifesto dell’Architettura futurista.
«Il Futurismo ha fatto della modernità il suo humus – ha detto il critico – da una parte ne traeva spunto, lo stesso Sant’Elia riprese per esempio nei suoi disegni elementi architettonici propri della prima centrale idroelettrica di Trezzo d’Adda per portarli al parossismo, in una sorta di esaltazione del quotidiano che diventava stimolo formidabile per il futuro. Dall’altra, però, questa corrente li prefigurava: era eccezionale la capacità di quegli artisti di immaginare in anticipo, con fantasia e schizofrenia sperimentale, quello che sarebbe successo davvero decine di anni dopo». Da Sant’Elia ad Albert Robida, ma anche, in altri campi, Jules Verne o la fumettistica made in Usa, molteplici sono gli esempi di grandi intuizioni: Sant’Elia ha lasciato disegni nei quali, nei primi anni del Novecento, immaginava grattacieli con ascensori esterni alle facciate degli edifici. Era il sogno della nuova frontiera, quello che fu il motore di tutto in quegli anni, anche della Prima guerra mondiale: agire per scoprire. «Il concetto di rottura era fondamentale – ha spiegato Daverio – la guerra fu generata da una somma di pulsioni verso la modernità, dalla tecnologia al movimento delle masse, alla crisi delle classi dominanti. C’era entusiasmo, stimoli forti, una società vincente ma allo stesso tempo ansiosa: in Francia aderì alla chiamata alle armi il 95% della massa disponibile, è un dato significativo». Assolutamente interessante il confronto fatto da Daverio con la realtà di oggi, quella di Internet, che, benché in continua evoluzione, «non crea lo stesso entusiasmo di 100 anni fa, quando si respirava la sensazione di entrare in una dimensione totalmente nuova, con l’invenzione della luce elettrica, del volo, del telefono. Tutto sommato, dal 1918 in poi abbiamo inventato molto meno di quanto non crediamo. Oggi siamo piatti, non c’è entusiasmo, per questo le arti non sono mai state fiacche come in questo periodo storico». A fare gli onori di casa sono stati l’assessore all’Ambiente Gualtiero Pin e il sindaco Silvia Altran, che ha omaggiato Daverio del volume sul grande Tranquillo Marangoni edito dal Comune.
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