Debiti per circa 11 milioni a Gonars Union Beton chiede il concordato



Un altro pezzo dell’imprenditoria friulana, quella che con le sue commesse contribuisce da decenni a fare girare l’economia dentro e fuori regione, è entrato in crisi.

Nello scenario globalmente non facile di questo inizio d’anno, è toccato alla “Union Beton srl” di Gonars, azienda specializzata dal 1983 nella produzione e nel riciclo di inerti, nel movimento terra e scavi e in attività estrattiva e di trasporto, bussare alla porta del tribunale di Udine e presentare domanda di concordato preventivo in bianco.

Il ricorso è stato depositato dall’avvocato Oliviero Comand il 5 febbraio e da quel momento è scattato il termine di novanta giorni assegnato dai giudici per la presentazione del piano. Fino ad allora, a vigilare sull’attività dell’impresa sarà il commercialista goriziano Roberto De Luca, che il tribunale, che all’azienda aveva chiesto già un’integrazione dei documenti, ha nominato quale commissario giudiziale.

All’origine del forte indebitamento denunciato dalla Union Beton ci sarebbe, in particolare, una situazione di notevole tensione finanziaria con le banche. Un’esposizione riconducibile a una serie di garanzie date in passato per conto di altre società e che l’amministrazione avrebbe finito per non riuscire più a gestire. Problemi con gli istituti di credito, quindi, che, sommati a una generale flessione del mercato e al conseguente calo di lavoro, avrebbero gettato l’azienda in uno stato di prostrazione finanziaria tutt’altro che facile da superare.

Circa undici i milioni di euro iscritti nel passivo, di cui 8, 7 riferibili proprio al conto aperto con le banche. Ad aggravare il rosso dei bilanci, negli ultimi esercizi, sarebbero stati poi i debiti accumulati nei confronti dell’Erario e dell’Inps, per un totale indicato in 1 milione di euro, quelli dovuti ai dipendenti, calcolati in un altro milione di euro, e quelli attesi dai fornitori, per complessivi 260 mila euro.

I tentativi di risolvere la crisi al di fuori del palazzo di giustizia, attraverso procedure di risanamento alternative al concordato, a quanto appreso, non sarebbero mancati. Anche perché l’intenzione sarebbe quella di mantenere invariati livelli occupazionali: 22 dipendenti, di cui 13 operai e 9 impiegati. E perché il patrimonio immobiliare non è irrilevante, né gravato da vincoli, tra le unità residenziali a Gonars, dove hanno sede gli uffici, un capannone a Pradamano e una serie di terreni e pertinenze agricole a vocazione turistica. Cava e impianti di lavaggio degli inerti si trovano invece a Castions di Strada.

L’indebitamento, tuttavia, è notevole e per uscirne, posto che la strada che l’azienda pare decisa a imboccare è quella del concordato in continuità, potrebbe rendersi necessario individuare un socio disposto a entrare nella compagine e condividere un progetto di rilancio. Salvo richieste di proroga, il piano sarà presentato all’inizio di maggio. Poi, la parola sull’eventuale ammissione alla procedura passerà al tribunale. —



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