Degrado in cimitero: decine di tombe divelte

A Sant’Anna numerosi casi di abbandono con lapidi distrutte e marmi in frantumi Continuano i furti di fiori: «Vergogna, nessun rispetto per i defunti» è la protesta
Di Gianpaolo Sarti
Silvano Trieste 24/07/2012 Cimitero di S. Anna, lo stato di abbandono in cui versano, molte tombe.
Silvano Trieste 24/07/2012 Cimitero di S. Anna, lo stato di abbandono in cui versano, molte tombe.

Si dice che un cimitero sia in qualche modo lo specchio di una città. Narra la sua gente, le sue culture, la sua storia. Una memoria che, a quanto pare, Trieste sta lentamente consegnando nelle mani del tempo senza voltarsi troppo indietro. Il tempo, lasciato lavorare, è devastante. Basta fare quattro passi a Sant’Anna per imbattersi in lapidi completamente divelte, in marmi sbriciolati e in tombe che il terreno si sta pian piano inghiottendo. Sprofondano nelle viscere, come nel più classico dei film horror. Qui, nel labirinto di cipressi, la fantasia di un regista avrebbe di che sbizzarrirsi. Cominciando dalla prima stradina a destra subito dopo l’entrata; là più in fondo nessuno sembra darsi pena di quelle meste croci di legno spezzate dal vento e disseminate lungo il prato. Risalgono ai primi del Novecento, pare. Alcune conservano ancora un nome e una data, o una foto in bianco e nero. Un’altra croce, poco più avanti, è adagiata sopra due assi che coprono alla meglio un fosso. Lavori in corso o una tomba improvvisata? Chissà. Le colonie di gatti randagi, i veri custodi, forse saprebbero dare una risposta. Vale la pena continuare la passeggiata per scoprire le sorprese di Sant’Anna, dove anche i fantasmi sembrano metterci lo zampino: al campo 15, ad esempio, sono riusciti ad abbattere due e metri e mezzo abbondanti di lapide in pietra. Forzuti questi spettri. E pure maleducati: come la mettiamo con il traffico di fiori? Li rubano in un vaso per sistemarli in un altro. Qualcuno s’indigna e in un cartello ammonisce: «Vergognatevi, non avete rispetto per i defunti». Già, in fantasmi, che giocherelloni. Nell’eternità, evidentemente, capita di annoiarsi: cose dell’altro mondo. E che dire della tomba della famiglia Kratzig e Skerk, quasi interamente franata? Stessa sorte per un’altra, ottocentesca, della famiglia Brunetti in campo 19: anche qui la grossa croce di marmo è irrimediabilmente rovinata sul pavimento. Come quella teca di vetro dedicata «alla cara memoria della mia diletta consorte», dispersa sull’erba, senza più un’identità. Sorprendono, poi, gli innumerevoli depositi di mattoni e pietra, tra vasi rotti e grovigli di ferro battuto. E, ancora, le decine di tombe ricoperte dalla vegetazione, in cui si fatica a distinguere una foto. Crescono perfino interi arbusti, altro che i semplici fiorellini rinsecchiti nei vasetti di latta. Non va meglio nei campi 1 e 2: inerpicandosi su per la strada è comune scorgere nomi celebri del passato cittadino, come il barone De Morpurgo. O, ancora per caso, tra strutture monumentali con tanto di altare e cancello, val la pena soffermarsi davanti alla tomba dedicata a Umberto Saba. La data, 1883-1957, conferma che non si tratta di un omonimo. Poco oltre non si spiega chi può aver abbandonato per terra la lapide di tale Maria Perentin, deceduta nel 1987. E’ quello il suo posto? Ancora più giù, sotto una lastra di marmo ridotta in frantumi, sta iniziando ad accumularsi la spazzatura. Ma il degrado avanza irrimediabilmente pure nei vialetti. Che, in più di qualche punto, presentano profonde crepe nell’asfalto, alcune delimitate dal nastro rosso e bianco. Si rischia di inciampare e trovare pronto, ahimé, l’eterno giaciglio. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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