Diaco rafforza l’organico con altre dieci assunzioni

Dopo il letargo riorganizzativo e dopo aver finalmente ottenuto gli indispensabili via libera dall’Aifa, adesso Diaco Biofarmaceutici vuole accelerare il decollo produttivo e commerciale. Per farlo,...
Dopo il letargo riorganizzativo e dopo aver finalmente ottenuto gli indispensabili via libera dall’Aifa, adesso Diaco Biofarmaceutici vuole accelerare il decollo produttivo e commerciale.


Per farlo, mira a irrobustire gli organici: rapidamente salita a 70 addetti nell’ultimo anno, la fabbrica di via Flavia intende assumere altre 10 unità, come si può rilevare nel sito web aziendale. Dunque, un ulteriore “arruolamento” del 15%, preferibilmente reperibile tra chi è in possesso di un diploma di scuola media superiore. Trieste e dintorni la zona più monitorata.


Con il disco verde di Aifa è ora possibile mettere a punto soluzioni infusionali come elettrolitica, manitolo, ringer lattato, ringer acetato e a base di cloruro di sodio, glucosio. Sono inoltre prodotti cosmetici a base di acido ialuronico a uso topico, utilizzati per lo più in ambito estetico in seguito a operazioni di chirurgia. Vengono infine preparati dispositivi medici, come le siringhe con siero preinserito sempre a base di acido ialuronico.


La nuova storia del brand Diaco ha avuto inizio nella primavera del 2014, con l’ingresso della nuova proprietà ucraina rappresentata da due giovani medici, Nataliya e Dmytro Derkach. Gli anni precedenti non erano stati lieti per lo stabilimento biofarmaceutico: prima il crac Cerani, poi l’arrivo di Sm Farmaceutici intenzionata a portare tutto nella lucana Potenza suscitando la comprensibile opposizione dei sindacati. E, soprattutto, si fece sentire la sospensione delle autorizzazioni da parte di Aifa, con relativo depotenziamento della missione industriale. La “vecchia” Diaco, prima del fallimento Cerani, era giunta a occupare 110 persone: quando nel marzo 2014 i coniugi Derkach firmano l’acquisto davanti al notaio Pietro Ruan, l’organico aziendale è sceso a 34 unità. Allora, per l’acquisizione dell’azienda, si parlò, senza conferme ma senza smentite, di circa 5 milioni di euro.


Da allora la graduale rinascita della Diaco, di cui ha parlato Dimitry Arshynnikov, amministratore delegato, in una pubblica occasione tenutasi il 6 dicembre dello scorso anno. Già nel settembre del 2015 il manager ucraino, proveniente da esperienze lavorative maturate soprattutto nel mondo anglosassone, aveva voluto chiarire che l’operazione Diaco non sarebbe stata all’insegna del “mordi&fuggi”, ma si sarebbe fondata su un solido programma di investimenti, basato su 7 milioni di euro. Gli investitori ucraini avevano puntato su Trieste, convinti dalla posizione geoeconomica della città e dalla vicinanza a istituzioni scientifiche prestigiose. I 34 superstiti, con l’ausilio degli ammortizzatori sociali, sono stati prima consolidati, poi il loro numero è progressivamente salito: adesso a quota 70, in un futuro assai prossimo saranno 80.


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