Dizionario Goriziano in quattro lingue

Aquila friulana o alabarda giuliana? Parlando di simboli, a Gorizia probabilmente nessuna delle due o, magari, perfino entrambe assieme anche a molto altro. Perché Gorizia, non solo e non tanto per la sua posizione geografica, ma anche e soprattutto per la sua tradizione, le sue componenti etniche e sociali e le vicissitudini della sua storia, finisce per sfuggire a catalogazioni che, in riva all'Isonzo, rischiano di di fare più male che bene. E così se ci si chiede da che parte stia Gorizia la risposta è che Gorizia sta in mezzo, in un posto suo che è un po' qua è un po' là, comunque diverso. E' una sintesi di culture e lingue differenti, come suggerisce anche il nuovo volume edito dalla Filologica Friulana in collaborazione con la Fondazione Carigo e con il sostegno di Regione e Arlef, che sarà presentato oggi alle 17.30 nella sede della Fondazione, in via Carducci. Si tratta de "Il nuovo Vuk - Dizionario del Goriziano", curato da Paolo Roseano e ispirato al lavoro analogo realizzato nell'Ottocento dal sanroccaro Giuseppe Vuk. In sostanza un vocabolario con le parole più comuni tradotte nelle quattro lingue parlate (allora) a Gorizia: italiano, friulano, sloveno e tedesco. La nuova versione della Filologica raccoglie 2mila lemmi, per una "vocabolario minimo" del Goriziano, scelti tra quelli di uso più frequente. Si parte dall'italiano, lingua condivisa da tutti, per poi passare al friulano (nelle due versioni, quella di Gorizia e quella standard), allo sloveno ed al tedesco, per quanto quest'ultimo oggi sia quasi scomparso dalla città.
«Secondo me questo sguardo al passato di Gorizia deve servire anche come lezione per il futuro - riflette Renzo Medeossi, vicepresidente della Filologica Friulana (che fu fondata peraltro proprio a Gorizia, il 23 novembre 1919, a testimonianza che un legame importante con il Friuli esiste) -. Fare troppe classificazioni o dichiarazioni di parte, per questa città, sarebbe sbagliato. Ricordiamoci sempre che Gorizia è sempre stata una città particolare, i cui abitanti parlavano quattro lingue. Per la componente italiana, prima della Seconda Guerra Mondiale, il friulano era la prima lingua di comunicazione nella quotidianità, poi c'erano anche lo sloveno per gli abitanti di molte parti della città, ed il tedesco, parlato soprattutto dalla nobiltà. A mio parere, se vuole tornare a contare, Gorizia deve ricordarsi di essere quell'insieme di culture e tradizioni differenti che storicamente è sempre stata». A Gorizia ci sono interi quartieri dove ancora oggi la componente slovena è maggioritaria, ed altri dove il friulano è la lingua della tradizione, con tanto di toponomastica bilingue a ricordarlo. «Oggi ovviamente le dinamiche sono differenti da quelle del passato - scherza Medeossi -, però alcuni tratti identitari resistono. A Lucinico la tradizione è quella della lingua friulana, così come a San Rocco, retaggio probabilmente del fatto che un tempo era il borgo contadino della città. Ma per Gorizia è deleterio, dare una definizione e collocazione univoca alla città».
Marco Bisiach
Riproduzione riservata © Il Piccolo