“Droga dei pazzi”, prescrizione per sette

Chiuso a otto anni dai fatti contestati il processo a un gruppo di giovani accusati di aver gestito un giro di pasticche Jaba

Laura Borsani

 

L’accusa di aver gestito un giro di Jaba, anche detta “droga dei pazzi”, è stata ricondotta alla “lieve entità”, in termini di quantità, tipologia e contesto legato alle cessioni. Si tratta di pillole colorate a basso prezzo, progressivamente diffusesi su ampia scala geografica, in particolare tra i giovani.

Il processo in relazione allo spaccio di stupefacenti tra bengalesi, che ha coinvolto sette imputati, si è chiuso all’insegna della prescrizione. La sentenza di “non doversi procedere”, infatti, è stata pronunciata dal giudice monocratico di Gorizia Francesca De Mitri, che ha riconosciuto l’applicazione del 5° comma, ex articolo 73 del Dpr 309 del 1990, appunto relativo alla cosiddetta “lieve entità”.

A distanza di otto anni dall’avvio del processo, colpo di spugna, dunque, sulla vicenda, risalente al periodo tra primavera e dicembre del 2017. All’epoca, le indagini della Polizia giudiziaria avevano individuato un presunto “canale” di acquisto e cessioni attribuito, a vario titolo, a giovani dai 22 ai 37 anni, di origini asiatiche, incentrato sulla Jaba e solo in minima parte sulla marijuana.

Nello specifico, le attività di Pg avevano portato al rinvenimento di circa 400 pastiglie, di cui 326 scoperte in un’abitazione e altre 73 trovate invece addosso a uno degli acquirenti, presso la Stazione ferroviaria di Mestre, di rientro a Monfalcone. Un presupposto giro di pasticche approdato dunque in città, sul quale era stata posta l’attenzione inquirente.

Le contestazioni nei confronti dei sette imputati, per complessivi nove capi di accusa, grazie alla “lieve entità” sono pertanto cadute come le tessere di un domino. L’ultima udienza, nel Tribunale di Gorizia, è stata dedicata esclusivamente alla decisione in ordine al 5° comma, precedentemente richiesto dall’avvocato Federico Cechet e al quale si erano allineate tutte le difese. Il giudice, quindi, doveva sciogliere in tal senso la riserva, non prima però di lasciare spazio al pubblico ministero per esprimere la propria posizione. Rispetto alle istanze sollevate dalle difese, infatti, il pm aveva chiesto del tempo per ponderare la valutazione. In aula ha affermato che, nel considerare i capi di accusa contestati, escludendone due (inerenti la cessione di marijuana, per i quali la stessa Procura aveva contestato il 5° comma), non ha ritenuto “opportuna” la derubricazione dei reati.

A quel punto, il giudice si è ritirato in Camera di consiglio ai fini della decisione, per uscirne dopo pochi minuti: sentenza di “non doversi procedere” per intervenuta prescrizione dei reati, in ragione della riqualificazione di tutti i capi di accusa per la “lieve entità”. Si è percepita chiara la soddisfazione dei difensori nel veder accolte le loro istanze. Nel processo gli imputati sono stati assistiti, assieme allo stesso Cechet, dagli avvocati Paolo Marchiori, Sara Carisi, Federica Maraz, Piero Ginaldi e Sebastiano Markovic. A margine dell’udienza, i concetti espressi dagli avvocati Cechet e Carisi: «Fin dall’inizio si poteva considerare la valutazione in ordine al comma relativo alla “lieve entità”, poiché il procedimento si è basato su circostanze emerse già nel corso delle indagini. Come anche riportato nella relazione tecnica, gli esperti della Polizia avevano esaminato le pastiglie Jaba». Gli avvocati hanno convenuto sulla perizia dell’attività inquirente, «un’operazione di Polizia assolutamente corretta rispetto a una sostanza stupefacente destinata alla commercializzazione, i cui principi attivi e caratteristiche in una prima fase non erano ancora conoscibili».—

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