Economia sommersa, il “buco” che vale oltre un terzo dei Pil

Uno studio del Fmi quantifica il fenomeno nei Paesi dell’ex Jugoslavia: in vetta il Kosovo, solo la Slovenia è sotto il 30%. E l’Albania lancia un maxi-amnistia

BELGRADO. È un “cancro” che indebolisce l’economia e insieme lo Stato, alterando la concorrenza e privando le autorità di risorse importanti per far funzionare anche welfare, ospedali e scuole. Ed è un tumore che origina un numero maggiore di metastasi, difficili da estirpare, in particolare nell’Europa orientale e nei Balcani – dove ora si mettono sul tavolo misure straordinarie per risolvere il problema.

Il problema riguarda l’economia sommersa, un buco nero di imprese e persone che violano obblighi fiscali, occultano tutto o parte del fatturato per ridurre il carico fiscale, non rispettano le regole amministrative, se ne infischiano dei minimi salariali o sfruttano il lavoro nero. Fenomeno che è difficile da calcolare, ma secondo le stime più comuni degli esperti l’economia grigia si aggira attorno al 15-20% del Pil nelle economie più avanzate.

Quanto pesa, invece, a Est e nei vicini Balcani? La cifra schizza spesso ben oltre il 30%, nella migliore delle ipotesi. Lo illustra un “working paper” del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), pubblicato per fare il punto sul fenomeno, con focus sull’Est, i suoi «costi associati» e le possibili auspicabili soluzioni. Nei Paesi meno toccati dal problema, come Austria, Olanda, Francia, l’economia grigia non supera il 10-15% del totale, ha illustrato lo studio.

Al limite opposto della scala, praticamente tutti i Paesi balcanici, quelli già parte della Ue e quelli fuori dal club. Il Kosovo, secondo i dati dell’Fmi – spesso più ottimistici di quelli delle autorità locali – è in testa alla classifica, con oltre il 38,8% del Pil “occupato” dall’economia grigia, ha svelato lo studio, primo a tentare una valutazione puntuale di un settore «generalmente ritenuto ampio», ma opaco e dunque di difficile definizione.

Seguono a ruota il Montenegro, con il 38,2%, Bulgaria (37,8%), Macedonia del Nord (37,6%), Croazia (35%), Romania (34,8%), Serbia (34,5%), Bosnia-Erzergovina (34,4%), Albania (28,3%), ma quote alte toccano anche Slovenia (28%) e Polonia (27,8%), di poco sopra l’Italia (intorno al 27%), il Paese Ue fra quelli economicamente avanzati più interessato dal fenomeno.

Qualcosa però potrebbe cambiare, in un prossimo futuro, almeno in uno dei Paesi della regione. È l’Albania, dove stime della locale Confindustria sono assai più pessimistiche di quelle dell’Fmi e riferiscono di un’economia grigia al 50% del Pil e di 30 miliardi portati fuori illegalmente dal Paese negli ultimi anni, di 240 i milioni di euro non incassati ogni anno dallo Stato grazie ai furbetti del sommerso.

In Albania si va verso una mega-amnistia per chi abbia occultato fondi allo Stato, una maniera per “formalizzare” l’economia sommersa facendo affluire preziosi fondi nelle casse pubbliche. È una «priorità per il governo», ha confermato la ministra delle Finanze, Anila Denaj, precisando che maggiori dettagli sul piano, da sviluppare con esperti stranieri, saranno forniti a breve.

Si tratta di una «maxi-amnistia» che permetterà agli albanesi di «dichiarare tutti i beni e proprietà» senza temere conseguenze legali, ha anticipato il premier Edi Rama. Che ha fissato però dei paletti: non si farà come ai tempi di Sali Berisha, dal mega-condono saranno esclusi i proventi illegali di attività criminali, da prostituzione al traffico di droga fino alla corruzione, escludendo politici e giudici. Ma le critiche non mancano. «Arriveranno soldi, ma l’uguaglianza tra i cittadini sarà minata, perché si sottintende che chi ha pagato le tasse», fino all’ultimo lek, «è stato uno stupido», ha riassunto i dubbi di molti l’economista Pano Soko. 


 

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