Effetto Covid: sanità sotto stress a Trieste, crescono le liste d’attesa per gli esami

TRIESTE. Duemila operazioni alla cataratta in sospeso. Sei mesi di tempo per ottenere una visita neurologica. Appuntamenti per una mammografia disponibili solo da novembre in poi. Iniziano a farsi pesantemente sentire, sull’attività ambulatoriale degli ospedali di Trieste e Gorizia ,gli effetti dello stop ad interventi chirurgici e attività non urgenti deciso per concentrare risorse e personale nella gestione dell’emergenza coronavirus. Un cambio di rotta dettato dalla necessità di far fronte all’impennata di ricoveri di pazienti positivi e che, inevitabilmente, sta comportando un allungamento dei tempi d’attesa per le prestazioni sanitarie “differibili”, ovvero le visite di prima diagnosi, da erogare solitamente entro 30 o 60 giorni.
Il rischio, secondo i sindacati del settore medico, è che il rallentamento dell’attività ambulatoriale programmata produca conseguenze via via sempre più pesanti. «Da un lato si sta accumulando un numero corposo di interventi arretrati difficili da smaltire, come le duemila operazioni alla cataratta in coda solo a Trieste, dall’altro si stanno registrando gravi ritardi nelle visite di controllo - sottolinea Francesca Fratianni della Cgil Funzione pubblica -. Asugi doveva dare indicazioni precise riguardo alla sospensione delle visite ambulatoriali, ma finora non abbiamo ricevuto istruzioni nel merito. Nel frattempo si cerca, finché si può, di effettuare visite telefoniche.
Ma il sistema inizia a risentirne pesantemente. In questo momento, ad esempio, l’Ematologia di Trieste ha in carico anche il servizio di Gorizia e Monfalcone: per un prelievo - prosegue la sindacalista - ci vogliono 25 giorni di attesa, mentre prima del Covid venivano effettuati in giornata. E dopo il prelievo adesso bisogna aspettare altri tre mesi per una visita. Capita così che molti pazienti finiscano per arrabbiarsi con i dipendenti allo sportello per poi rivolgersi alle strutture private, con il risultato che anche lì i tempi di attesa si sono allungati considerevolmente».
Per rendersi conto di quanto l’emergenza Covid stia rallentando l’attività ambulatoriale, facendo appunto slittare in avanti le prenotazioni di visite considerate non urgenti, basta chiamare il call center unico delle prestazioni sanitarie regionali. Qualche esempio? Per chi abita tra Trieste e l’Isontino la prima data utile per ottenere una visita neurologica è a fine settembre a Cattinara. In alternativa c’è il privato convenzionato, in questo caso la Pineta del Carso, con disponibilità a maggio.
Per una visita cardiologica bisogna attendere luglio all’ospedale Maggiore o metà maggio alla Salus di Trieste, mentre per un controllo ortopedico la prima data disponibile è metà giugno alla Nova Salus di Gorizia. Va meglio per chi soffre di problemi alla tiroide: in questo caso basta poco più di un mese per ottenere una visita endocrinologica. Chi ha problemi alla vista, invece, si vedrà fissare la prima visita di controllo a giugno, mentre si parla di fine settembre a Trieste per un controllo nel campo della nefrologia.
I ritardi maggiori si registrano nelle visite oncologiche di controllo: si va da metà luglio a Cattinara come prima data disponibile per una visita urologica, fino a novembre (al Maggiore) per una mammografia. Tempi lunghissimi, infine, per quanto riguarda le visite di controllo per neoplasie al colon: prima data libera disponibile, sempre secondo quanto indicato dal call center regionale, a dicembre all’ospedale di Gorizia.
«Per quanto riguarda le visite ambulatoriali è importantissimo l’indice di priorità inserito dal medico di base - ricorda Fabio Pototschnig della Fials -. In base a ciò che scrive lui le attese si possono ridurre, anche se i tempi ultimamente si sono dilatati molto. È noto a tutti che ci troviamo in una situazione critica a causa dell’emergenza Covid, però è un peccato che non sia stato potenziato preventivamente il servizio sul territorio, intercettando una percentuale di malati di Covid prima della loro ospedalizzazione. In questo modo non saremmo arrivati ad avere questa situazione negli ospedali, costringendo le strutture a correre dietro alle situazioni anziché provare ad anticiparle».
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