“El terlis del cantierin” vita e racconti degli operai in una tesi da 110 e lode

la storia
La vita dei cantierini raccontata attraverso un lungo ed approfondito excursus storico, stampe d’arte realizzate con la tecnica del monotipo e una vasta, appassionata raccolta di interviste fatte agli operai ora in pensione, ma anche alle loro famiglie, hanno permesso a Marika Fanin, giovane studentessa di Fogliano Redipuglia, di raggiungere l’ambito risultato di 110 e lode nella sua emozionante tesi di laurea sostenuta, nei giorni scorsi, all’Accademia di belle arti di Firenze.
La tesi, dall’emblematico titolo “El terlis del cantierin – storie di chi ha costruito Monfalcone”, ha narrato la nascita e lo sviluppo del cantiere navale, la creazione del villaggio di Panzano con le case per gli operai, ma anche tutta una serie di servizi che, a quegli epici tempi, a loro erano stati dedicati come l’albergo per gli operai scapoli, le scuole, lo stadio, il teatro con le famose tele di Timmel acquisite dal Consorzio culturale, diventando quasi una tesi autobiografica.
Cresciuta in una famiglia di cantierini, Marika fin da bambina ha ascoltato i racconti di vita fatti dal nonno, prima calafato e poi meccanico di bordo, della nonna addetta alla mensa er alle pulizie, ma anche del bisnonno, il quale lavorò alle dipendenze dei Cantieri riuniti dell’Adriatico, fin dal 1933. Un viaggio nel suo passato, nelle sue radici, ma un viaggio che accumuna quasi tutte le famiglie della Bisiacaria e della Bassa Friulana, raccontato con le parole degli storici, di quelli che a vario titolo sono stati i testimoni diretti, e rappresentato anche con le immagini che meglio di altro riescono a catturare le emozioni, i sentimenti, le speranze, le sofferenze, i sogni e le fatiche di molte generazioni che hanno trascorso gran parte della loro vita dietro i portoni di quello stabilimento. Un sito industriale che rappresentava uno sbocco di vita, una paga sicura, una sicurezza e, per certi versi, anche una sorta di status.
«La scelta dell’argomento da trattare in questa tesi – racconta Marika Fanin – è stata per me naturale, quasi fisiologica. Sebbene negli anni dei miei studi fossi stata felice di aver scelto Firenze, una città che diede i natali a moltissimi volti che hanno dato un fondamentale contributo alla storia dell’arte, mi trovavo spaesata, come se quella cultura non mi appartenesse appieno. Ciò che mi mancava era il confinare con un altro popolo, altri fratelli, il continuo confrontarsi con le persone e con le genti e, purtroppo, anche scontrarsi fra culture e stati d’animo che erano e sono diversi tra di loro. Forse per questo fatto era importante per me approfondire un tema vicino alla mia terra, a volte dimenticata, ma piena di storia tanto quanto lo è Firenze. Una storia diversa, sofferta, soprattutto nel secolo scorso, che vide il mio territorio piegato da due guerre e spezzato da un confine», conclude Marika.
Un ottimo coronamento alla sua carriera da studentessa, festeggiato nei giorni scorsi da molti e, soprattutto, dall’amore della mamma e del fratello.–
Lu. Pe.
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