Esplode la mina Pedicini, bufera nel Pdl regionale

TRIESTE. Alla fine il malcontento esplode. Il Pdl che, in provincia di Pordenone si è ridotto ai minimi termini, si ritrova in casa la mina Pedicini che chiede di azzerare tutto. «Dimissioni», tuona il consigliere rivolto a coordinatori e vice delle quatto province del Friuli Venezia Giulia. Dimissioni, spiega, perché quelli d’inizio anno «sono stati congressi farsa». L’avvocato della Destra Tagliamento lo dice davanti a Renzo Tondo, agli assessori e ai colleghi di piazza Oberdan. Scatenando una dura reazione dall’area triestina, Sandra Savino in testa.
Accade tutto nella sede della presidenza della Regione in piazza Unità, in un vertice convocato da Tondo solo per animare la truppa dopo il voto che ha visto, certo, qualche sconfitta sul territorio, ma una sostanziale tenuta rispetto alla catastrofe nazionale. E invece, il fuoriprogramma. Perché Pedicini, a sorpresa, chiede il passo indietro di tutti gli otto eletti ai recenti congressi provinciali: i triestini Savino e Piero Tononi, i pordenonesi Antonio Consorti (reduce da una pesante sconfitta da candidato sindaco alle comunali di Prata) e Emanuele Loperfido, i goriziani Giulio Severo Tavella e Francesca Tubetti, gli udinesi Ferruccio Anzit e Simone Bressan. Eletti, ribadisce il consigliere ribelle, in occasione di congressi «farsa».
Ma Pedicini fa di più. Investe Renzo Tondo del ruolo di leader del partito e suggerisce che le dimissioni vengano presentate nelle mani del governatore. Proposta choc che il diretto interessato respinge perché, evidentemente, il partito del presidente è ipotesi al momento ancora troppo ardita. Fatto sta che, oltre che clamorosa, la proposta diventa una provocazione in un partito che immaginava, dopo la vittoria a Gorizia, di ripartire verso le regionali 2013 senza troppi traumi.
Savino è la prima a non digerire, a respingere in particolare il concetto di «farsa» per un congresso triestino che ha avuto un migliaio di partecipanti, «cento li ho portati solo io», ricorda Bruno Marini. «Farsa sarà stato quello di Pordenone», è la gelida controffensiva dell’assessore alle Finanze. Uno scontro a voce alta che si conclude con Pedicini isolato e fuori dalla porta. Se ne è uscito dalla riunione, l’avvocato, ma in serata precisa: «La mia richiesta è stata non di dimissioni astratte ma di una presa d’atto che il partito va azzerato a livello regionale. Proprio per ripartire su una base territoriale». Nulla di troppo diverso dall’idea di partito federato accarezzata da Tondo nel caso di flop della dimensione nazionale. Pedicini non cambia idea nemmeno dopo il «no grazie» di Trieste: «In quella città hanno pensieri anomali. Del resto, non ne azzeccano più una da un pezzo». Note a margine, ma chiaro segnale di un partito in difficoltà, di un appuntamento in cui, fa sapere Daniele Galasso, si è fatto il punto dopo il voto amministrativo e si è deciso il calendario dei lavori, la «strategia base sulle riforme da mandare avanti», così la chiama il capogruppo. Riforme che, insiste Marini, vanno portate in aula entro il 31 luglio, non oltre. «Come ovvio per quella data il Consiglio dovrà approvare le variazioni di bilancio – rimarca il consigliere triestino – , ma non c’è dubbio che si debba accelerare anche sui fronti della legge taglia-sprechi e del disegno di legge sulla sanità».
Il presidente «ci ha chiesto coesione, siamo pronti a dimostrarla», commenta a fine incontro Alessandro Colautti, assente al momento dello scontro Pedicini-Savino. Coesione che il gruppo consiliare, proprio in materia sanitaria, cercherà di trovare la prossima settimana quando, per la prima volta, si ritroverà a discutere della bozza sin qui consegnata solo al direttore centrale Cortiula. Da sponda isontina non mancheranno le perplessità nonostante la sede quasi certa dell’Ass unica sia Gorizia. Così come, questione di equilibri, quella dell’Ater unica dovrebbe essere Trieste. Domani invece, a Tolmezzo, è prevista una riunione di maggioranza in materia di assestamento di bilancio prima della consueta seduta di giunta.
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