Evaso dal carcere di Trieste nella domenica delle messe giubilari. Il vescovo Trevisi: «Qui situazione critica»

Nella giornata in cui Khan è riuscito a far perdere le proprie tracce erano in programma due diverse celebrazioni religiose

Fabio Dorigo

«Non abbiamo dichiarazioni da fare». La Diocesi di Trieste preferisce non commentare l’evasione domenicale dal carcere del Coroneo avvenuta nel giorno delle due sante messe del Giubileo dei detenuti officiate dal vescovo di Trieste Enrico Trevisi.

La fuga del pachistano Abdul Nasir Khan è avvenuta nel pomeriggio di domenica poco dopo la fine della seconda messa (iniziata alle 15) nella sezione femminile del penitenziario. La prima, quella per la sezione maschile, si era tenuta alle 10. Entrambe le funzioni religiose non hanno riscosso una grande partecipazione visto che si sono dovute tenere nel salone della lavanderia all’ultimo piano, vista l’inagibilità della chiesa interna al Coroneo.

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Oltre al vescovo Trevisi erano presenti alle funzioni i gesuiti padre Giovanni La Manna (direttore della Caritas) e padre Silvio Alaimo (cappellano del carcere) oltre ad alcuni giovani coristi autorizzati che hanno offerto musica e canti. Non era presente la direttrice della Casa circondariale Selena Marchiori.

Alle messe del Giubileo dei detenuti (intitolato “La speranza non delude mai”), ovviamente, hanno partecipato alcuni agenti della Polizia penitenziaria che, come è noto, sono sotto organico da anni. «Manca personale, quanto è accaduto è gravissimo e clamoroso» ha ribadito Alessandro Penna della Uil Polizia Penitenziaria.

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Abdul Nasir Khan

Il problema del sovraffollamento delle carceri e delle condizioni disumane dei carcerati è stato sollevato nei giorni scorsi anche dal vescovo Trevisi che ha puntato il dito anche sull’interdizione pretestuosa della chiesa del Coroneo.

«In questi ultimi giorni, nel pieno del Giubileo delle Carceri, in Italia altri 4 detenuti sono morti – ha scritto il vescovo –. La situazione anche a Trieste è assai critica, sommamente difficile. Alcune celle sono in ristrutturazione, il sovraffollamento è cronico, mancano spazi per quelle attività che pure la normativa prevede, e da ultimo anche la chiesa del carcere è stata interdetta: da sempre è stata utilizzata da quella medesima scala che ora improvvisamente non si ritiene più a norma (anche se a memoria di uomo mai nessuno in essa si è fatto male). E non si vedono soluzioni». Un chiaro messaggio rivolto alla direttrice Marchiori che domenica ha marcato visita alle messe tenutesi in lavanderia.

Oltre alle falle dell’evasione c’è anche il problema della chiesa inagibile. Il messaggio lanciato dal vescovo vuole essere costruttivo prima che accusatorio: «Non siamo in un mondo fantastico e ingenuo. Siamo dentro una realtà complessa in cui nessuno ha la bacchetta magica. Ma possiamo aiutarci: e anche le Istituzioni – senza delegare alcuna loro responsabilità e dovere – possono giovarsi dell’aiuto che proviene dalla società. Convintamente siamo per una cultura della legalità, che non contrasta con la solidarietà e la clemenza, ma esige una compromissione con i valori della nostra civiltà e della nostra tradizione cristiana. Si tratta di sciogliere alcune incomprensioni, snellire alcune burocrazie che impediscono ciò che pure altre normative prevedono, e dei principi dettati non solo dal Vangelo ma anche dalla Costituzione. Che il Giubileo dei detenuti - così ancora scriveva il vescovo nei giorni scorsi - porti almeno a questo. E qualche idea, se torniamo a parlarci fuori dalle ideologie ma nella stima reciproca, potrà essere condivisa. Un qualche passo che non è la soluzione del problema delle carceri, ma è la via della speranza che siamo chiamati a percorrere».

Oggi intanto l’ultimo appuntamento del Giubileo triestino dei detenuti: alle 9 e alle 11 l’evento musicale degli studenti del Conservatorio Tartini di Trieste intitolato “Ritmi di speranza: jazz per il Giubileo”. In programma due concerti nella sezione maschile e uno nella femminile della Casa circondariale di Trieste.—

 

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