Ex direttore Italcantieri: «Nessun rischio-amianto»

Antonio Zappi è uno degli imputati nel processo amianto-bis che si celebra al Tribunale di Gorizia.
L’accusa è di omicidio e lesioni colpose a danno dei lavoratori del cantiere navale di Monfalcone morti a causa dell’esposizione all’amianto.
Zappi è stato sentito ieri nell’aula 6, troppo piccola per contenere giudice, cancellieri, avvocati. Zappi dal 1974 al 1977 è stato co-direttore dello stabilimento Italcantieri di Monfalcone assieme a Manlio Lippi.
A Zappi il giudice Russo ha concesso di leggere una corposa memoria; poi è stato interrogato dal suo difensore. Zappi ha detto che durante la sua co-direzione non ha mai sentito parlare di amianto come un pericolo, che nessuna notizia in merito ha mai ricevuto né dai sottoposti né dal sindacato. Ha spiegato con pedanteria come era organizzato il lavoro e i livelli di responsabilità. Ha riferito che di amianto non si è mai parlato nel cda del gruppo. Ha infine chiosato che comunque «il direttore generale non è un caporale che controlla tutto».
Zappi non è stato interrogato dal pm Valentina Bossi che con tanta determinazione e sacrificio porta avanti l’accusa. Bossi era impegnata in un altro processo e dunque non poteva essere presente.
Qualcosa va registrato nei ruoli probabilmente. Non le si può chiedere il dono dell’ubiquità.
Un altro imputato sentito è stato Attilio Dall’Osso direttore di Navalimpianti, la società che dal 1971 fornisce anche a Fincantieri (all’epoca dei fatti contestati Italcantieri) impianti di tubazioni ed elettrici.
Dall’Osso è imputato per la morte di un dipendente di Navalimpianti, Luciano Milanic.
«Era un ottimo tubista», ha ricordato Dall’Osso. Che ha aggiunto: «La mia società non ha mai usato l’amianto. Salivo spesso a bordo delle navi per controllare il lavoro e notavo l’utilizzo dell’amianto per la coibentazione delle tubazioni. Pensavo che fosse tutto regolare. C’era un regolamento e c’è ancora che impone la certificazione chimica, meccanica e fisica dei materiali usati. Sostenevo che Italcantieri fosse in regola con l’utilizzo dell’amianto. Ricordo di non aver mai ricevuto lamentele dai miei dipendenti per l’amianto».
È stata poi la volta della nuora di Carlo Blaserna, morto d’amianto nel settembre del 2008 dopo un’agonia di quasi un anno.
«Sapeva il male di cui soffriva e che la prognosi era infausta. Aveva un carcinoma polmonare ed è morto tra atroci dolori. Subito dopo è deceduta anche la moglie e mio marito, figlio unico, ha sofferto molto questi lutti».
Con un filo di voce ha infine testimoniato Giovanni Codarin, meccanico, collega di Arturo Castellani, altra vittima dell’amianto.
I figli si sono costituiti parte civile. «Ho lavorato in cantiere dal 1949 al 1978, per molti anni con Castellani. Abbiamo fatto i meccanici, nella sala macchine. Montavamo motori e tubazioni su petroliere, mercantili e passeggeri». Ha confermato che si utilizzava l’amianto.
Fine di quanto emerso dall’udienza. Ne mancano da sviluppare altre quattro-cinque prima della sentenza prevista entro agosto perché certi processi non si possono trascinare in eterno e perché il giudice Russo verrà trasferito.
Ricordiamo le parti offese di questo processo: Ovaldi Battistella, Luciano Bergamasco, Giorgio Bevilacqua, Marcello Buttignon, Oliviero Cechet, Claudio Cidin, Ferruccio Furlan, Raffaele Furlan, Carlo Girelli, Guerrino Mian, Giovanni Midena, Luciano Milanic, Rodolfo Nocent, Tristano Papais, Lucia Piccinato, Ferruccio Pizzignacco, Bruna Polo, Tullio Rocco, Bruno Tortul, Achille Valletta, Angelo Vescovi, Giorgio Vrech, Italo Zucca, Mario Bonazza, Giuseppe Carlovich, Arturo Castellani, Danillo Laurenti, Mario Papa, Ottone Pecorari, Vittorino Revignas, Guerrino Toffolo, Romano Zunta, Lino Battistutta, Gianpaolo Bin, Carlo Blaserna, Luigi Brumat, Salvino Chiandit, Aldo Clapis, Raimondo De Pauli, Giacomo Donda, Pietro Dovier, Mario Dreassi, Vincenzo Felice, Armando Gasparini, Antonio Gregori, Sergio Nadalin, Benito Tricarico, Ernesto Zanette.
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