Fabris, Marchesan e Troian vincono il 57.mo Festival della Canzone Gradese
Seconda “Fiama de amor”, che si aggiudica anche il Premio Qualità, e terza “Coro Zigante”, giudicata la più vicina alle tradizioni locali

Un misto di odio e amore, ma prevale quest’ultimo. E come dirlo all’innamorata se non con una canzone. E che brano. Scritto e musicato con ritmi coinvolgenti e interpretato in maniera impeccabile da un trio che ha calamitato i voti del pubblico. Si tratta di Filippo Fabris, Mattia Marchesan e Mattia Troian, che hanno portato in trionfo “Te scrivarè ‘na canson”.
È questa, dunque, la canzone regina della 57.ma edizione del Festival della Canzone Gradese. Un brano che ha ottenuto ben 394 voti (ogni spettatore doveva obbligatoriamente votare tre canzoni).

Al secondo posto con 337 voti si è piazzata “Fiama de amor” scritta da Andrea Barzellato e Mauro Marchesan e musicata dallo stesso Andrea Barzellato, cantata magistralmente da due super-voci femminili, Eleonora Franzin ed Elena Marchesan, e con l’intervento del coro dei bambini della Conchiglia d’Oro.
Terzo posto per “Coro zigante” con parole e musica di Alberto Camuffo cantata da Gianni Camuffo, Fabio Fabris, Eros Gregori e Gian Marchesan, che ha ottenuto 272 voti.

È questo l’esito della nuova edizione della manifestazione gradese nata nel ’46, un’edizione probabilmente tra le migliori degli ultimi anni, per merito delle canzoni e degli interpreti, dell’orchestra, della direzione musicale di Roberto Montanari, ma anche per gli azzeccati intermezzi, e con una scenografia che ormai va nel segno del minimal - se ne sono occupati Roberto Tomasini e Giorgia Decorte - con il color oro a farla da padrone assieme al bordeaux, con una grande tela dell’artista Aldo Marocco (sue le immagini delle opere che accompagnano le canzoni e i testi dell’opuscolo), fiori e piante nella cornice del PalaCongressi. E anche la durata, circa tre ore compreso l’intervallo per consentire lo spoglio, è stata in linea, grazie anche alla presentazione di Leonardo Tognon coadiuvato da Nina Lorenzon. Compresa nei tempi pure l’esibizione degli ospiti: don Giorgio Longo, che ha chiacchierato e cantato con i piccoli del Coro del “gradese” (ecco, il “gradese”, questa lingua locale, unica, che anche il Festival intende difendere e valorizzare) e il cantante Simone Zentilin, che dal palcoscenico del Festival di Grado è poi salito per un anno intero sulle più grandi navi da crociera in giro per il mondo eseguendo ben 320 concerti.

Era bravo quando cantava al Festival di Grado, oggi è un professionista dalla voce potente ma con variazioni timbriche, tra alti e bassi, davvero notevoli. Altro ospite, ma attraverso un video, il gradese Filippo Lugnan che sta frequentando l’università a Los Angeles (studia economia ma anche musica) che ha pure eseguito su un pianoforte che era di Frank Sinatra (lo strumento è stato donato dai parenti all’università) una nota canzone locale, “Cussì xe nato Gravo”.
Il Festival si è ovviamente concluso con le premiazioni, con il presidente di “Quelli del Festival” Fabio Marchesini, con monsignor Paolo Nutarelli e con il sindaco Giuseppe Corbatto, che nel suo breve intervento ha parlato dell’importanza di «rinnovare la tradizione ma sempre ricordando le radici». Ecco, le radici, quelle del Festival.
Quest’anno è stato in gara anche un brano legato piuttosto da vicino a quella che è la tradizione canora e musicale di un tempo, un brano che è stato premiato dalla Cooperativa Pescatori (con Luca Corbatto) come quello più legato proprio alla realtà gradese. Parliamo di “Coro zigante” di Alberto Camuffo che così ha conquistato quest’anno due premi. Così come due premi li ha conquistati anche “Fiama de amor” che ha ottenuto anche il Premio Qualità assegnato dalla giuria degli esperti.

E concludiamo, ma sicuramente non per meno importanza poiché rappresentano il futuro, con la Conchiglia d’Oro, ovvero con le canzoni dei bambini che sono state interpretate da una quindicina di “mamùli” diretti magistralmente da Marta Chiusso. Cinque brani in gara con la vittoria arrisa a “’Ma ‘l nono Gian”. Un brano scritto e musicato da Gian Marchesan che si è immedesimato nel nipote che va a scuola dove è costretto a parlare italiano ma con lui stesso, appunto il “nono Gian”, che gli dice che non bisogna dimenticare il gradese.—
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