Fico: omicidio Regeni, se in Egitto non c'è un processo non è uno Stato democratico

ROMA Sul caso di Giulio Regeni «in questo momento non c'è nulla di nuovo. Ci dispiace. La Procura di Roma ha fatto delle rogatorie internazionali verso l'Egitto cui non è stata data alcuna risposta. Non è possibile». Lo ha dichiarato il presidente della Camera Roberto Fico in una intervista all'emittente Al Jazeera, parlando appunto del rapimento, della tortura e poi dell'omicidio del ricercatore di Fiumicello, avvenuti al Cairo nel gennaio del 2016. «Non posso pensare che dopo un fatto così grave e spietato in Egitto non sia neanche cominciato un processo. Non me lo riesco a spiegare. Se non dobbiamo pensare male vogliamo il processo e la verità. Uno Stato che non fa verità su se stesso non può essere definito democratico fino in fondo».
Secondo Fico, l'Egitto deve «un processo, una sentenza e la verità sul caso Regeni all'Italia e l'Italia lo deve a Giulio Regeni e a tutti gli italiani. Un cittadino europeo, un bravissimo ragazzo ricercatore che viene sequestrato, torturato e ucciso e in Egitto non è manco iniziato un processo mentre qui in Italia ci sono cinque iscritti nel registro degli indagati, che sono funzionari dello Stato egiziano, dei Servizi. I loro nomi sono pubblici ed iscritti nel registro degli indagati in Italia». «Non ci sono più ragioni per cui non arrivino risposte alle rogatorie. Non arrivano e noi le chiediamo perché ci aspettiamo una collaborazione seria, leale e onesta. Non possiamo pensare che l'Egitto non collabori. L'Egitto deve collaborare in modo forte e aspettiamo le risposte alle rogatorie che devono arrivare. Dobbiamo restituire alla famiglia di Giulio Regeni almeno la verità visto che non possiamo restituire loro il figlio», ha concluso Fico.
Il presidente della Camera ha aggiunto che «quando sono andato in Egitto ho parlato solo di Regeni. Se non risolviamo questi punto i nostri rapporti saranno e resteranno complicati. Avevo avuto assicurazioni da Al Sisi sulla ricerca della verità insieme a delle tempistiche. Le promesse non sono state mantenute e per questo ho sospeso ogni tipo di rapporto diplomatico tra la Camera ed il Parlamento egiziano. Ora a Roma c'è un procuratore della Repubblica, è stato nominato il dottor Prestipino: l'Egitto non ha più alcuna scusa per non andare avanti».
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