Finite le nozze a Cinque Stelle Maccarini nel Gruppo misto

L’ex candidata sindaco nel 2016 rompe coi grillini: «Mi hanno isolata e bloccata» Si dice tradita dal patto gialloverde a Roma, ma per i colleghi resta troppo “rossa”
Bonaventura Monfalcone-23.10.2016 Candidate sindaco al voto-Maccarini-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-23.10.2016 Candidate sindaco al voto-Maccarini-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura



Dopo undici anni di militanza dura e pura, finisce il matrimonio grillino di Elisabetta Maccarini. «È stato come un rapporto con un uomo che viene a logorarsi. Al primo e al secondo tradimento resti perché lo ami, ma al terzo dici basta. Per la tua dignità», spiega. L’ex candidata sindaco del Movimento 5 stelle, fino all’altro ieri compagna di scranno di Gualtiero Pin, è trasmigrata sui banchi del Gruppo misto. Attorno alla mezza ha consegnato le sue volontà in municipio, sancendo il “divorzio”. L’ex grillina – che al primo turno delle comunali nel 2016, aveva incassato 1.189 voti, fermandosi all’11,21%, rispetto al 12,25% del M5S – ne esce dimezzato.

Maccarini non farà “salti della quaglia”, tantomeno nel Pd: Matteo Renzi lo «detesta sempre e comunque»; quanto agli altri schieramenti, nessun abboccamento. Lei che l’8 settembre 2007, allo sbarco di Beppe Grillo sulle piazze italiane dopo la fertile incubazione via blog, era tra i 50 mila di Bologna a chiedere con V-day un «paese più pulito» alla fine non riconosce più i fondamenti di ciò in cui ha creduto. Non li vede attorno a sé, sentendosi sempre più mira di rappresaglie. Isolata.

Quaranta giorni c’ha pensato su, dal primo sfogo su queste colonne. Ma la decisione, ufficialmente concretizzata ieri, è arrivata la sera prima, con l’annuncio sulla bacheca di Facebook: «Non mi ci trovo più nel nuovo M5S, non mi rappresenta più. I principi sono cambiati, i miei no». Una scelta sofferta. Presa perché «voglio avere le mani libere per lavorare, senza ostacoli». «Il Pd, come già la gogna insinua, non c’entra niente: non ho intenzione di aderire ad altri schieramenti», chiarisce Maccarini. Tra i motivi che l’hanno condotta al passo, il cambiamento, per motivi elettorali e nell’arco di appena 24 ore, insufficienti a una riflessione ponderata, dello Statuto dei Cinquestelle e il patto gialloverde. «Andavamo a testa alta per l’aver corso da soli alle nazionali, senza inciuci – ricorda –: al patto con Salvini mi sono sentita tradita».

È a quel punto che le cose hanno iniziato a cambiar verso anche qui. «L’anno prima potevo dar contro alla Lega e nessuno mi diceva niente – sottolinea –, poi no. Gli Amici di Beppe Grillo mi hanno cacciato pure dalla pagina del meet up. Andavo a una manifestazione antirazzista e venivo additata come la “rossa”. Ma perché? Uno non può esser contro il razzismo? Io sono una donna progressista: mi vengono i brividi a sentir un ministro mettere in discussione la legge 194». Tra le accuse il fatto di non esser una «grillina pura». Invece «lo ero ancor prima della nascita del Movimento, già dal 2007». Quindi la solitudine. La distanza dei vertici regionali: «Mai visti per la crisi Eaton o gli asili, tema salito alla ribalta nazionale», precisa. Pure Luigi Di Maio, nel 2016, disertò la tappa monfalconese per farsi vedere invece a Ronchi. «La verità è che io non sono mai stata troppo ben vista e non capisco perché – spiega –. Purtroppo nel M5S non c’è democrazia interna: se sei nel filone giusto e hai amici giusti, allora puoi anche diventare famoso e salire sul palco con Dibba, altrimenti...». Screzi che in città risalgono ai tempi della corsa al municipio: «Tutti mi hanno denigrato come se volessi male ad Alice Gregori, quando non ho mai messo in dubbio la sua capacità di fare il sindaco. Ho solo voluto proporre la mia candidatura, visto che ero nel M5S prima del suo arrivo». –



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