Fu una lotta crudele a caccia del potere non solo contro i nazisti

In quei 40 giorni la città fu segnata da continue manifestazioni nazionalistiche slave, una decisa caccia ai fascisti o a persone anche solo sospettate di essere compromesse con il passato regime e anche ai combattenti dello stesso Cln, passato alla clandestinità, con numerosi processi ed esecuzioni
Truppe titine scendono da San Giusto durante i 40 giorni dell'occupazione titina
Truppe titine scendono da San Giusto durante i 40 giorni dell'occupazione titina

Trieste ha sempre dovuto fare i conti con una sorta di dislessia storica quasi a ogni ricorrenza nazionale, almeno per quanto riguarda alcuni grandi eventi del Novecento. Il 24 maggio 1915, ad esempio, in cui si ricorda l’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale. E il 25 aprile e 1 maggio 1945, che marcarono un netta cesura fra Trieste e il resto d’Italia, “diversità” che avrebbe segnato la storia di Trieste altri nove anni, il tempo del Governo militare alleato. Per questo il 1 maggio ’45 assume un rilievo del tutto particolare, perché particolari sono state la sua genesi e il suo sviluppo. Se è vero che in generale in Europa e in Italia sulla spinta del comune afflato per la libertà e la giustizia sociale la lotta di liberazione ebbe manifestazioni in linea di massima univoche, a Trieste la lotta al nazismo e al fascismo ebbe esiti e finalità controverse e anche tragiche: il 1 maggio di fatto fu l’inizio dei quaranta giorni di occupazione jugoslava della città.

Un periodo drammatico, che al di là delle repressioni, dei processi, degli infoibamenti, produsse profonde fratture, non solo tra sloveni e italiani, ma anche all’interno delle varie formazioni politiche antifasciste, e fin nel privato delle persone. In occasione del 49.o anniversario della Liberazione, in un discorso pubblico tenuto alla Risiera di San Sabba lo storico Elio Apih (1922-2005) accennò al fatto che la Resistenza a Trieste fu «anche lotta per il potere, oltre che per la libertà», lotta combattuta «sul piano tragico dove bene e male spesso sono inestricabilmente congiunti», e che «ha prodotto nelle nostre terre ferite terribili, cui è forse impossibile dare conforto». Il primo di maggio del 1945 i partigiani di Tito entrarono a Trieste, anticipando di un giorno le truppe alleate neozelandesi.

Da allora trascorsero quaranta giorni con la città sotto il controllo degli jugoslavi, giorni e settimane segnate da continue manifestazioni nazionalistiche slave organizzate dagli invasori, una decisa caccia ai fascisti o a persone anche solo sospettate di essere compromesse con il passato regime e anche ai combattenti dello stesso Cln, passato alla clandestinità, con numerosi processi ed esecuzioni. Fino al raggiungimento, il 9 giugno, di un accordo tra il Maresciallo e le truppe alleate, con l’ approvazione della "Linea Morgan", l'evacuazione delle truppe jugoslave da parte delle Venezia Giulia occupata e, il 12 giugno, il passaggio dei poteri all'amministrazione anglo-americana.

Per la nuova Jugoslavia una sconfitta politica da dimenticare. Dare conto anche solo in modo sommario di quegli avvenimenti è, a settant’anni di distanza, lavoro ancora difficile e complesso. Gli articoli di queste pagine vogliono essere un contributo perché anche quelle memorie, per quanto dolorose, restino vive.

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