Tre migranti morti per riscaldarsi in Fvg: «Inerzia colpevole delle istituzioni»
Centro Balducci e Rete Dasi attaccano dopo i casi di Udine e Pordenone: «Porto Vecchio, questione di tempo». Roberti: posti liberi nell’accoglienza

In seguito alle morti per intossicazione da monossido di tre migranti, due a Udine e uno a Pordenone che tentavano di riscaldarsi in casolari abbandonati, e agli incendi che per lo stesso motivo si sono sviluppati nei magazzini diroccati del Porto Vecchio di Trieste dove «vivono 160 richiedenti« («nessun morto ancora, ma probabilmente è solo questione di tempo»), arriva una nota durissima da parte del Centro Balducci di Zugliano guidato dal triestino don Paolo Iannaccone e della Rete Dasi del Friuli Venezia Giulia.

Per queste realtà si tratta di «omicidi silenziosi causati da colpevole indifferenza ed inerzia delle istituzioni che delle persone abbandonate dovrebbero occuparsi».
E invitano a «un risveglio delle coscienze» nella comunità regionale «che rimetta al centro dell’agire pubblico la tutela dei diritti fondamentale della persona», chiedendo «alla magistratura locale un maggior coraggio nell’indagare le responsabilità che stanno dietro a tante situazioni di abbandono».
L’assessore regionale alla Sicurezza, Pierpaolo Roberti, replica subito alle accuse, sottolineando che «è una vergogna e una tragedia che succedano queste cose», ma che «in questo momento mi risulta ci siano posti liberi nell’accoglienza sia a Trieste che nelle altre province», e che tanti vivono così perché «non vogliono entrare nel circuito dell’accoglienza e non vogliono essere rintracciati», mentre bisogna domandarsi «perché siano arrivati là, quando il loro percorso lungo la Rotta balcanica avrebbe dovuto interrompersi prima».
Le associazioni accusano in particolare la Regione «sempre impegnata in un’incessante propaganda xenofoba» di «sperperare milioni di euro in telecamere, luci di Natale capaci di illuminare la notte come se fosse giorno e ogni altra sorta di eventi e progetti di assai dubbia utilità, ma non c’è un solo euro per interventi di emergenza umanitaria».
Cosa che Roberti respinge: «È una falsità: noi finanziamo il sociale dei Comuni. Stiamo lavorando per risolvere la situazione, è inutile perdersi in polemiche, giocando sulla pelle delle persone».
L’assessore non vuole anticipare quali misure sono allo studio. Ma rispondendo alla domanda se ritiene che ulteriori sgomberi in Porto Vecchio possano essere una chiave, afferma: «Sì, non mi interessa nulla: queste persone non possono continuare a vivere in quelle condizioni, non ce lo possiamo permettere. Scelgano qualche altro posto o tornino da dove sono venuti».
Ma la nota punta il dito anche contro Prefetture e Comuni. Gli ultimi organizzando in «numeri risibili per territori di confine» i «posti letto nelle strutture a bassa soglia dell’emergenza freddo», mentre le prime sono «da anni tenacemente inadempienti rispetto ai loro precisi obblighi di legge che impongono di assicurare in ogni caso con immediatezza le misure di accoglienza per i richiedenti asilo» e «fanno uscire forzatamente dai centri di accoglienza coloro che hanno trovato lavori precari, ben sapendo che si tratta di lavori temporanei e che le persone non potranno trovare una propria abitazione e finiranno così nella marginalità». Le Prefetture di Trieste e Udine, contattate, hanno scelto di non commentare.
Per il Centro Balducci e la Rete Dasi «tre morti in pochi giorni a fine novembre, appena all’inizio dell’inverno» è «un quadro sconvolgente per il Friuli Venezia Giulia, terra ricca dove giovani fuggiti da guerre e persecuzioni muoiono però sulla strada nell’indifferenza generale». —
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