Giovane donna uccisa a Udine: indagato l'amico che correva con lei

Il cadavere di Silvia Gobbato, 28 anni, praticante legale, è stato rinvenuto nelle vicinanze del Parco del Cormor. Stava facendo jogging. L'avviso di garanzia al giovane Ortis è "un atto dovuto". Il giovane riaccompagnato sul luogo del delitto per un sopralluogo. Il procuratore capo: "Siamo ancora in alto mare, attenti a puntare il dito contro qualcuno"

I capelli raccolti, la tuta da ginnastica scura e le scarpette da jogging. Voleva correre alla Maratonina di Udine Silvia Gobbato, 28 anni di San Michele al Tagliamento, in tasca una laurea in giurisprudenza e in testa il sogno di una brillante carriera forense. E invece è corsa incontro alla morte lungo l’Ippovia del Cormôr. Il suo assassino l’ha attesa ieri pomeriggio a poco più di 500 metri dall’area dove aveva parcheggiato la macchina, colpendola ripetutamente con il coltello, fino a provocarne la morte, trascinandola nell’erba, dietro ad alcuni cespugli e infierendo su di lei.

La prima mossa. La notizia arriva la mattina successiva al delitto: il giovane che correva assieme a lei - il figlio del titolare dello studio legale dove Silvia lavorava - è ora indagato per omicidio. "E' un atto dovuto a sua garanzia, non potevamo far altro", spiegano dalla procura di Udine. Aggiungendo poi, per bocca del procuratore capo Antonio Biancardi, di essere "in alto mare". «State attenti a puntare il dito su qualcuno - ha aggiunto - al momento non abbiamo indizi tali che ci portino a incriminare qualcuno e ci sono molte tracce da verificare. Non lasceremo nulla di intentato per scoprire l'assassino».

Il sopralluogo. Poco prima dell'ora di pranzo Giorgio Ortis è stato accompagnato dagli inquirenti nel parco del Cormor, per effettuare un sopralluogo nella zona dov'è stato commesso il delitto. Cappellino in testa, circondato da alcuni carabinieri, il giovane ha ricostruito i propri spostamenti nei minuti precedenti e successivi al ritrovamento del cadavere.

L'accaduto. Il corpo di Silvia, trafitto da una dozzina di coltellate al petto, all’addome, quelle che probabilmente hanno leso organi vitali, con diverse ferite anche al dorso, alle mani e sotto le ascelle, viene trovato supino in mezzo all’erba, a sei o sette metri dal sentiero dell’Ippovia del Cormôr, poco prima dell’imbocco della pista di aeromodellismo. A scoprirlo sono due ragazzi impegnati nel percorso, che notano un cellulare sullo sterrato. È il telefono di Silvia, e accanto, alcune tracce di sangue e segni di trascinamento che si inoltrano verso il prato.

L’allarme. Pochi metri più in là, c’è il corpo straziato della giovane praticante legale. I due ragazzi corrono in cerca di qualcuno per dare l’allarme. Percorrono qualche centinaio di metri fino all’imbocco dell’Ippovia, a Plaino. Poco distante, vicino all’area di sosta, c’è l’auto di Silvia parcheggiata, e su una panchina c’è Giorgio Ortis, avvocato, amico e coetaneo di Silvia che la sta aspettando.

La corsa. Entrambi iscritti al Gruppo marciatori udinesi, i due ragazzi sono arrivati insieme all’Ippovia verso le 13. Non è la prima volta, si conoscono da tempo e si frequentano, hanno tante cose in comune. Poi, stando a una prima ricostruzione dei fatti da lui stesso fornita agli inquirenti, Ortis parte spedito, distanziando l’amica che effettua autonomamente il suo percorso. Terminato il suo giro lui l’aspetta vicino al parcheggio e si siede su una panchina. Impensierito dalla prolungata assenza fa per tornare indietro, ma incontra i due ragazzi che hanno scoperto il cadavere.

Le ricerche. Sono le 13.48 quando l’allarme echeggia dal Comando dei carabinieri alla Questura, fino alla Centrale operativa del 118. Ambulanza e automedica arrivano subito, ma se ne vanno constatando il decesso e comunicando il “codice 6”. In capo a pochi minuti l’Ippovia si riempie di auto della polizia, di carabinieri della stazione di Feletto e del Radiomobile di Udine, ma è il Nucleo investigativo a occuparsi delle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Raffaele Tito e dal sostituto procuratore Marco Panzeri. Sul posto arriva anche il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Roberto Del Piano.


Il medico legale. È Carlo Moreschi, assieme a un gruppo di specializzandi, a esaminare il cadavere della donna, le ferite che raccontano un’aggressione cominciata con un colpo violento sull’Ippovia, cui la donna ha opposto resistenza cercando di difendersi con le mani dai fendenti che l’hanno raggiunta anche all’ascella. Probabilmente è riuscita a ferire l’aggressore mentre lui la colpiva sul prato. «Ma per saperne di più sulla natura delle lesioni e l’ora del decesso bisogna attendere l’autopsia», spiega Moreschi.

L’arma. I campi di mais e i prati circostanti vengono passati al setaccio con il metal detector in cerca dell’arma del delitto. Nel pomeriggio, arrivano i carabinieri del Ris che campionano le tracce di sangue, prelevano tessuti, cercano campioni biologici capaci di dare un nome e una faccia all’assassino, tutta l’area viene transennata. Dopo le ricerche continuate fino a notte inoltrata, le operazioni sono riprese stamattina all'alba, ma ancora il coltello non si trova.

Il movente. Tanti gli interrogativi cui dare risposta, a partire dal racconto dei testimoni, portati nel pomeriggio alla caserma di viale Trieste e sentiti per ore. Con loro c’è anche Ortis che racconta l’accaduto, non vengono trovate tracce di sangue sui suoi abiti, e nemmeno segni di colluttazione. E mentre si scava nel passato di Silvia, ripercorrendo le tappe della sua vita sentimentale a partire dalla lunga relazione di recente interrotta, non si trascura alcuna ipotesi, compresa quella del dramma della gelosia, della vendetta o della tentata violenza.
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