Gli esami di Brollo: 100 autopsie l’anno
L’anatomopatologo chiamato dalla Procura a comunicare gli esiti: «Il fenomeno legato ai decessi non registra segnali di diminuzioni»

Bonaventura Monfalcone-15.09.2017 Dottor Alessandro Brollo-Anatomia patologica-Ospedale-San Polo-foto di Katia Bonaventura
Un centinaio di autopsie all’anno. Tre quarti dei decessi, circa 75, sono considerati casi sospetti. Il direttore di Anatomia patologica dell’ospedale di San Polo, Alessandro Brollo, dà la misura della mole di lavoro da fronteggiare per stabilire i reali casi di amianto. Solo una parte rivela all’esame autoptico l’effettiva causa asbesto correlata. Resta il fatto che anche il dottor Brollo conferma: «Non risultano segnali di diminuzione circa l’andamento del fenomeno legato alle malattie e ai decessi per amianto. È prevedibile che prima o poi i casi cominceranno a ridursi, ma risentiamo ancora degli effetti risalenti agli anni ’60 e ’70. Negli anni ’80 c’è stata una significativa riduzione dell’esposizione all’amianto, ma solo dopo la legge del 1992 l’esposizione è terminata». L’esecuzione dell’autopsia è vincolata alla richiesta di riscontro diagnostico da parte del medico curante o del medico che ha assistito al decesso. «Questo primo passaggio è imprescindibile – spiega Brollo –. Il mio compito è quello di comunicare alla Procura se è stato richiesto il riscontro diagnostico, e qualora mi viene confermato, procedo con l’autopsia e all’inoltro all’autorità giudiziaria dei relativi esiti. Tutti i dati vengono sistematicamente inseriti nella cartella clinica del paziente. In alcuni casi, invece, la Procura dispone un’autopsia legale affidandosi ad un consulente. In questi casi l’autopsia fa parte degli atti di indagine e quindi gli esiti sono coperti da segreto istruttorio».
Gli esami necroscopici rappresentano contestualmente un’importante attività di ricerca. Scaturiscono informazioni interessanti. «I dati autoptici – osserva Brollo – mettono in luce anche patologie non rilevanti dal punto di vista clinico, ma comunque significative. Succede infatti che una persona malata di tumore muoia per cause diverse rispetto all’amianto, per vecchiaia o altre circostanze. È uno sguardo più ampio sulla popolazione del territorio. Il professor Claudio Bianchi ha portato a Monfalcone questa mentalità e questo approccio. Negli anni Novanta il 90% dei soggetti deceduti veniva sottoposto ad autopsia, pur sempre a fronte della richiesta di riscontro diagnostico». Non solo: «Le autopsie non selezionate ai fini del sospetto amianto ci hanno inoltre permesso di riscontrare un’esposizione alla fibra minerale anche in soggetti deceduti per cause del tutto diverse». Il passato fa ancora paura. «Il mesotelioma è una delle forme tumorali più devastanti, dove le terapie sono poco efficaci per avere un effetto risolutivo». Brollo tuttavia aggiunge: «Ci sono elementi incoraggianti comunque circa nuove cure, allo studio al Centro di riferimento oncologico di Aviano, per immaginare che possano produrre effetti positivi». Il medico continua: «È anche vero che nell’area monfalconese il tumore al polmone non sia particolarmente frequente se paragonato ad altre realtà, e questo è un aspetto positivo, a differenza invece del mesotelioma. Inoltre, nel cancro polmonare solitamente agiscono più fattori in concausa. Si parla di rischio amianto quale effetto moltiplicatore. Ho peraltro la vaga sensazione che molti esposti all’amianto abbiano smesso di fumare, riducendo così il rischio di ammalarsi di cancro polmonare». Brollo dice di più spingendosi ad argomentare: «Nel caso del mesotelioma, la più grave conseguenza per esposizione all’amianto, è estremamente dubbia l’opportunità di eseguire una diagnosi precoce, così come lo è per il tumore polmonare. Non in tutte le malattie la ricerca sistematica attraverso la diagnosi precoce è utile. Anzi può rivelarsi svantaggiosa per gli effetti, soprattutto psicologici, che comporta». Il medico pone la questione in termini di bilanciamento: «Gli screening si eseguono solo quando siamo di fronte alla certezza matematica che i vantaggi siano maggiori rispetto agli svantaggi». Qui si inserisce un altro ragionamento: di placche pleuriche «nessuno muore, molti esposti possono rimanere sani fino a novant’anni». Tuttavia, «le placche cosiddette ialine costituiscono segni molto attendibili di esposizione all’amianto e vengono considerate come responsabili di una leggerissima malattia professionale, poco più di una semplice sordità. Sono ispessimenti, una sorta di “cicatrice” che non produce tumore. Ritengo che vengano sottovalutate, eppure sono “sensori” inconfondibili e quindi preziosi. I radiologi di Monfalcone sono iperspecializzati e le diagnosticano immediatamente».
(la.bo.)
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