Gli occhi di Balù al San Polo per guidare il fisioterapista FOTO E VIDEO

Il Labrador accompagna all’ospedale il gradese non vedente Emanuele Dal Dan. Resta sotto il lettino durante le sedute e con la pettorina è in “modalità lavoro”
Emanuele Dal Dan con il suo Balù
Emanuele Dal Dan con il suo Balù

MONFALCONE Balù ha trovato casa e lavoro. Affidato al padrone mette a disposizione i suoi occhi per guidarlo nella sua quotidianità. Un dialogo che, tra ordini e esecuzioni, va oltre il meccanismo dell’apprendimento e dell’addestramento, ponendo le basi di un’amicizia, un’empatia e un affetto “simbiotici”. Proveniente dalla Scuola nazionale Cani guida di Scandicci, Balù è un giovane e vigoroso Labrador di un anno e 10 mesi, del peso di 30 chili. Regalo di un allevamento di Grosseto alla Scuola nazionale. Il manto morbidissimo è leggermente più chiaro rispetto al tipico colore beige. L’animale è stato scelto rispettando le caratteristiche di Emanuele Dal Dan, 44 anni, gradese. Un uomo alto, piuttosto imponente e dalle mani d’oro. Emanuele è specializzato in massofisioterapia. Dal 27 giugno 2011 lavora al San Polo, presso il reparto di Fisioterapia diretto da Marsiglio Saccavini.

 

Monfalcone, cane in corsia per il fisioterapista cieco

 

Emanuele ha una consolidata esperienza professionale. Aveva prestato servizio all’Ospizio Marino. Le note vicende legate alla chiusura dell’Istituto riabilitativo gradese, peraltro ora prossimo alla riapertura, lo hanno portato a Monfalcone. E se prima Emanuele si avvaleva del bastone per muoversi in sicurezza, ora ha il suo “angelo custode”. Balù è entrato nella sua vita lunedì scorso. Per lui è iniziato il cammino a fianco di Emanuele. Ogni mattina da Grado il fisioterapista prende la corriera e con Balù si fa accompagnare al San Polo.

Il suo arrivo in reparto è stato un “caldo abbraccio”. Con tanto di “Benvenuto Balù” stampato sullo “scatto” di un grande muso “da buono” e un paio di occhiali da sole, affisso alla porta di ingresso del servizio fisioterapico assieme a un fiocco azzurro.

 

 

Fresco di addestramento alla scuola di Scandicci, dopo un percorso scandito da specifici step, il giovane Labrador è in fase di orientamento. La sua nuova vita deve infatti misurarsi e ritararsi rispetto alla “casa fiorentina” dove l’addestratore era il suo padrone. Con quei suoi occhi scuri e profondi, che fanno il paio con il naso, le uniche “macchie” a spiccare sul pelo rasato e chiarissimo, sembrano dire: «Ecco, sono pronto. Al tuo servizio». Emanuele se lo coccola, è un gran giocherrellone, ma sa che l’educazione è un percorso costante al fine di sintonizzarsi. Come sa bene che Balù deve giocare, correre e sfogarsi per liberare lo stress. Al momento Balù conosce le regole base. Le parole “diritto”, “destra”, “sinistra” e i segnali di attenzione per guidare il padrone anche davanti ai semafori e agli attraversamenti pedonali, fanno già parte del suo “bagaglio” conoscitivo.

Balù guida Emanuele, seguendo le sue indicazioni, nei punti sicuri, bypassando gli ostacoli. Ma di parole ne dovrà ancora “macinare”, visto che questi cani guida arrivano ad apprendere fino a 200 vocaboli. Su tutto c’è la pettorina. Una volta indossata, Balù è in “modalità lavoro”, spiega Emanuele. È pronto a fare la sua parte. Se, invece, c’è guinzaglio e collare, è in “modalità relax”. «Stiamo ancora prendendo le misure - aggiunge Emanuele -. È arrivato lunedì. Sono stato due settimane a Scandicci per fare conoscenza. Balù è il nome che gli è stato dato dalla scuola, in base al pedigree. Mi ha portato a visitare Firenze». Ora Emanuele e Balù prendono la corriera a Grado che scende davanti al San Polo e arrivano puntuali in reparto. «Gli indichi la direzione e lui esegue - spiega Emanuele -. Siamo ai primi approcci, è ancora disorientato, ha cambiato ambiente. In questa fase somatizza lo stress. È importante farlo scaricare. A Grado lo lascio correre in spiaggia».

Uno sfogo che se per i cani domestici è indubbiamente necessario, lo è a maggior ragione per Balù. «Se gli togli le corse in libertà poi sta male e lavora male», osserva Emanuele. E come il fisioterapista s’immerge nella sua professione, Balù sa cosa deve fare. Si accuccia sotto il lettino dei pazienti e, senza battere ciglio, rimane in attesa. È la mascotte del reparto, ma anche dei pazienti. «Lavoro 5 ore in reparto e lui mi sta vicino. Quando sono in pausa, ne approfitto per portarlo fuori a “sgranchirsi” le zampe - racconta sorridendo Emanuele -. È ancora un po’ impacciato, ma è normale. L’insegnamento è graduale. Ciò che funziona è il cibo. Con una crocchetta pronta, fa le cose molto più volentieri. È una questione di incentivi mirati».

Ormai Balù conosce i punti di riferimento. «Quando passo davanti alla casa dei miei genitori o di mio fratello - aggiunge Emanuele - lui tende a dirigersi verso le abitazioni. Non parliamo poi dei bar e dei ristoranti. Sono tutti suoi. Ma Balù è bravo, è buonissimo. È solo alle prime armi e siamo già diventati buoni amici».

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