Gli psicoterapeuti goriziani: «Questa pandemia ha rotto gli equilibri»

I professionisti sanitari evidenziano lo smarrimento dei pazienti: «Sono venute meno le certezze acquisite nel tempo»
Astrid Devetti
Astrid Devetti

GORIZIA. Qualcuno ha più pazienti, qualcuno meno. Altri sono rimasti ai livelli pre Covid.

La situazione degli psicoterapeuti goriziani è piuttosto composita, ma un tratto li accomuna: il maggior disagio che, ormai da più di un anno a questa parte, notano tra i loro assistiti.

«La pandemia ha finito per toccare tutti: tutte le fasce d’età, tutte le categorie sociali, indebolendo le vulnerabilità di ciascuno e mettendo a dura prova le risorse personali e le fragilità – dice Astrid Devetti, psicologa e psicoterapeuta –. I problemi che già c’erano si sono quindi aggravati, ma altre difficoltà si sono aggiunte. Occorre a questo punto operare una distinzione: coloro che hanno avvertito maggiormente il colpo sono senza dubbio gli adulti lavoratori (che si trovano ad aver più preoccupazioni), ma sono i giovani ad aver perduto una palestra di vita, anni determinanti per la loro formazione. Sì, ai giovani questo periodo fa davvero mancare il terreno sotto i piedi. Per quanto mi riguarda, il lavoro, di conseguenza, è sensibilmente aumentato».

Tra gli effetti del Covid, tuttavia, ci sono anche posti di lavoro saltati, precarietà maggiori sul versante dell’impiego. Non tutti, quindi, possono permettersi il lettino dello psicanalista.

«Il mio lavoro è diminuito: ho avuto un calo da un anno a questa parte, fondamentalmente per una questione economica – ammette Claudio Lalli, pure lui psicologo e psicoterapeuta –. Questo periodo di pandemia ha rotto, per molti pazienti, equilibri che rappresentavano delle sicurezze su cui fare affidamento. In fondo, per molti si tratta di una situazione devastante su un piano finanziario e, peraltro, il dramma sta continuando oltre ogni ragionevole previsione. Nella destabilizzazione, nel venir meno delle certezze acquisite nel tempo, risiede il danno maggiore che la pandemia sta creando. In sintesi, si può affermare che il Covid ha aumentato l’instabilità in ognuno di noi. L’unica verità, a questo punto, sembra essere quella dei vaccini, arrivati però quando siamo debilitati da un’assenza ormai troppo lunga di punti fermi».

Silvana Radaelli è medico e psicoterapeuta. Non ha avuto cali di lavoro e, anche lei, tra i propri assistiti vede situazioni che il Covid ha reso più complicate.

«Nel complesso, il numero dei pazienti è rimasto stabile. Alcuni sono stati contagiati, altri preferiscono non muoversi di casa. Ci sono però dei casi nuovi: in particolare, ho un aumento di giovani tra i 18 e i 30 anni. Per quanto riguarda gli anziani, il dover stare nelle proprie abitazioni e le limitazioni nei rapporti interpersonali non possono non creare disagio, mentre le famiglie (specie le madri) si trovano a fronteggiare carichi di stress superiori. Anche i ragazzi, del resto, vivono con disagio questa carenza di libertà, compensandola con un ricorso più intenso del solito a videogiochi e a Internet. Nel complesso, sono i disturbi del sonno e quelli legati all’ansia ad aver subito un incremento. Ad accomunare tutti c’è una crescita della paura sia per i contagi sia per le vaccinazioni. È quindi un quadro molto peggiore del primo lockdown. Rispetto a un anno fa c’è meno speranza, molta irritabilità, un minor livello di tolleranza e un nervosismo alle stelle. Saranno in particolare le nuove generazioni e le famiglie (che hanno in carico giovani ed anziani) a risentire delle conseguenze».

Chissà, allora, che con la zona arancione anche il benessere mentale dei goriziani non migliori.

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